venerdì 8 luglio 2011

L'estate, il tonista e la teoria

A luglio 2011 la colonnina del mercurio dell’umore collettivo della massa segna temperature inedite o ripropone in modo ciclico le cifre degli anni precedenti?
Per capirlo bisogna mettere sotto l’occhio spietato della lente d’ingrandimento più potente del mondo (x 1.000.000.000. ecc…) la nuova razza ariana di questo secolo, i puri di cuore e di intelletto, che plasmandosi a immagine e somiglianza di quello che dovrebbero o che vorrebbero essere, si propongono di diritto al ruolo di guida termo-intellettuale dei camerini lisi. Essi sono il totem e il topico assieme, hanno mire poco chiare e quantificano la messa in scena, o meglio la rappresentazione del loro posto del mondo.
Se Maria santissima ha lanciato la moda e l’epoca dei “tronisti”, i bellocci in assise in uno studio televisivo, clementi nell’atto di farsi adorare da belle donne, trainanti milioni di spettatori e milioni di soldoni in sponsor certificanti, nell’auge della vita comune, il simbolo del rispetto e della distinzione sociale è dato da oggetti, semplici manufatti intrisi di un valore spendibile all’istante; nel solo atto di essere tenuti in mano infatti, essi rilasciano sui loro possessori un aura dorata ad occhio nuda, melliflua se osservata col tele-micro-scopio di cui sopra.
Bene, anzi male. Vivono tra noi, si atteggiano un po’ più di noi, ma in mano hanno qualcosa in più. Sono i “Tonisti”, coloro che sanno come darsi un tono, e che lentamente, incessantemente aumentano, invadendo strade, piazze, parchi, piscine e in generale qualsiasi luogo pubblico deputato all’arte del mostrarsi per stare insieme ed esprimere bisogno di integrazione e socialità, ma anche per accettare e abbracciare porzioni di mondo assolutamente incomprese.
Con tutti i vari distinguo che si possono fare, il Tonista, una volta emessa una formula, un teorema o un impianto teoretico, è abbastanza semplice da identificare, o come si comunemente si dice, sgamare. Esso è legato agli oggetti che conferiscono un atteggiamento sommesso ed implicito. Questi oggetti vengono usati dal Tonista in modo anche appropriato, quindi ciò che separa un Tonista da un normale utente di oggetti è la volontà di voler avere a che fare con un mondo specifico per sentirsene integrato. Notiamo come il bisogno di socialità torni prepotentemente nel identikit del soggetto.
Tra gli oggetti che esso tiene in mano possiamo notare diverse tipologie che vanno dal manufatto tecnologico elettronico di ultima generazione, al caldo e analogico quotidiano stampato con l’effige della testata in bella vista, applicata alla persona come un’etichetta, ma anche come un free-pass per una zona tribù.
Stilare un elenco approssimativo degli oggetti che consentono di darsi un tono e una collocazione all’interno dei caotici giorni in cui viviamo è compito lungo che io declino e lascio ad altri interessati al filone di ricerca che mi appresto a inaugurare. Voglio solo dare alcune linee guida tracciando dei settori demarcativi:
1-- Dal punto di vista politico, ideologico, intellettuale, nella categoria degli studenti, di un certo tipo di borghesia soft (la peggiore per ipocrisia ed “ipocaloricità”) l’oggetto da tenere in mano, in mostra e da esibire è senza dubbio il quotidiano Repubblica. E questo è a parer mio la peggior cosa che una persona possa fare. A grande distanza seguono l’Unità e il Fatto Quotidiano (giornale fascista tenuto in mano da persone che lo credono di sinistra, ha una proprietà aggiuntiva: fuorvia anche i non Tonisti, cioè coloro che lo acquistano per informarsi e basta, rendendoli Diversamente-tonisti). Il giornale diretto da Ezio Mauro ha un incredibile potere comunicativo, in quanto trasmette nell’area di ettari ed ettari quadrati che il reggente ha delle certe idee su chi è al governo. Il reggente forse ignora tutte le bassezze e le nefandezze che quel groviglio di carta e piombo con sé reca, e crede di mostrare alla società la miglior faccia possibile, quella democratica e intransigente nei confronti di qualsiasi tipo di regime. Il Tonista diventa inconsapevolmente, secondo questo stesso schema, colonna portante del regime, di un qualsiasi tipo di regime ipoteticamente instaurabile, presentando dei tratti salienti nella mancanza di criticità nei confronti di un certo tipo di giornalismo che è nei fatti uguale a quello attualmente servo di regime, solo di segno opposto nel gioco delle bandiere, e a volte, ma nemmeno troppo spesso, più elegante nella forma.
2— Dal punto di vista dell’essere aggiornati non v’è dubbio che il marchio “Apple” è il massimo, il meglio, il Top, il limite dell’essere cool, fico, bello, vincente, capace, impegnato, ingegnoso e fantasioso. I Pad a bordo piscina, Mac Book in aereo, I Pod in bici, I Phone in sala conferenze e chi più ne ha più ne metta. Tutti potrebbero essere: movie-maker, video-maker, art-designer , web-designer, web-master, fonico, fonico di presa, fonico di sala, musicista, architetto, ingegnere, autokadista, illustratorista, fumettista, montatore, smontatore, concepitore di contenuti, programmatore, organizzatore e tanto altro. Invece la persona in questione non sa perché ce l’ha, magari non se lo sarebbe neanche potuto permettere al momento dell’acquisto, eppure difficilmente ammetterà di aver sbagliato e si dirà pentito.
Altri punti potrebbero essere messi per iscritto e a lungo spiegati, ma è uno solo il concetto su cui bisogna concentrarsi. Egli non ha, egli non è, egli non mostra, egli appartiene. Ne ha bisogno. Il suo errore è dettato da una grossolana valutazione condizionata da schemi che rifiuta e cui involontariamente sottostà. Se conosci un Tonista ponigli questa domanda: perché compri questo determinato giornale, o hai questa determinata cosa se in realtà non ti serve? Alla sua risposta, quasi sicuramente sfuggente e secca, andate a fondo, mettete a nudo il problema, puntate il tele-micro-scopio sul tessuto molle e sparate tutti i difetti che quella cosa ha in modo certificato. Se il soggetto è sordo ad ogni critica, anche la più valida ed oggettiva, allora è nella fase terminale. Per lui non ci sarà mai più nulla da fare. Condannato a darsi un tono per decenni, si spegnerà a età inoltrata tenendo a fianco del letto di morte tonnellate di roba inutile accumulata nel corso di una vita votata alla nuova forma di consumo: quello atto a darsi un tono. Sarà stato un Tonista a vita, una sorta di felice ergastolano.

P. s. Presto un elenco delle categorie Toniste e dei rispettivi oggettisarà diffuso in rete. Alcuni estratti:

Macchine: auto dell’anno, nuove cinquecento o Mini Cooper. Frustrati ed esaltati: macchine di grossa cilindrata.
Letteratura. Bassa: successi editoriali, Best- seller vari (Faletti, Wilbur Smith ecc…)
Media: libri premiati e insigniti, segnalati e recensiti da riviste come “Internazionale”, e soprattutto: il Premio Strega.
Alta: i classici, ma in realtà non tutti, i Russi e i Greci.
Moda: qualsiasi cosa dimostri l’attitudine allo shopping.

A presto su questo stesso blog o di persona.

giovedì 26 maggio 2011

La verità su Luigi Fallico

A Roma fa un caldo asfissiante fino alle 16, poi l'umidità sale al 95 per cento, viene giù il diluvio per venticinque minuti, infine smette, e tutto diventa appiccicoso. é difficile persino riflettere, stretti nella morsa del bollore. Più facile ovviamente è chiudere gli occhi, lasciarsi andare a letture stimolanti, rifugiarsi in un locale climatizzato e bere qualcosa di fresco e gasato. Poi, come uno schiaffo sul collo, mentre bevi, ti arriva addosso una gelida ventata di realtà. Un tuo amico è morto a 59 anni, di infarto. Ed è la vita, il balletto che s'interrompe, l'illusione che viene meno, di colpo. Noi crediamo di avere il controllo, non del mondo, ma per lo meno delle nostre azioni, e possiamo affermare con certezza, quello che ci toccherà per il domani prossimo. Possiamo avere un agenda della settimana, più o meno fitta, e seguirla scrupolosamente, ma se tutto è scritto, o nulla è scritto, non sembra importare, poiché siamo in balia di qualcosa che non conosciamo, e che indaghiamo da secoli. Speculazioni, filosofie, parole, lettere e pensieri. Terra e argilla, poi acqua e calce. La carne cade e si disfa, per tutti.
Ma la morte arriva ovunque, dotata di longa manus, nei letti degli ospedali, per strada, in una villa, in mare, in montagna, sotto la pioggia battente, o fra il fuoco che ustiona. A volte nel sonno e per chi resta questo ha un non so che di consolatorio.
Arriva anche in carcere. Ed è uguale? é la stessa morte? Che differenza c'è fra libertà e prigionia? Domande senza risposta certa.
Domande, sempre domande e mai risposte. Abbiamo delle doti: l'intelletto, la memoria, l'arguzia e la costanza. Usiamole sempre.
Luigi, da noi amici detto Gigi, non "corniciaio" che era il suo mestiere, né tantomeno gatto, era una buona persona, dotata di questi talenti, con un solo difetto: aveva una forte connotazione ideologica. Naturalistica delle idee politiche, potrebbe intitolarsi un libro di saggistica figlio di anni che ancora pesano e gravano con tutta la loro mole sull'adesso. In Italia c'è stato il fascismo, e negli anni di piombo, il terrorismo, rosso e nero. Poi c'è stato lo stragismo, a detta di molti, forse di tutti, di stato, tattico e cinico. Sta di fatto che oggi puoi essere fascista e politico, senza temere molto. Ma se sei di sinistra, e sbagli a parlare, sei fritto. Il comunista non può dire in un negozio le stesse cose che i camerati dicono a Casa Pound, o a via Livorno, perché se lo fa, diventa un terrorista, o peggio, uno pseudo terrorista, e questo qui da noi, è grave. é come essere gay in Iran, scusate il paragone.
I giornali hanno scritto di tutto. Cose comiche davvero. Ci si rende conto, leggendo, del dilettantismo della professione, che si vanta anche di avere un albo professionale. Intercettazioni mischiate a dichiarazioni, confusione fra un filone del processo e un altro, nomi sbagliati, date sovrapposte e prove che, mentre nella realtà ad oggi mancano, nella carta stampata diventano tante e fanno paura a chi legge. Arsenale (due pistole), esplosivo (mai specificata quantità e tipologia). La retorica dei giornali è squallida. Stop.
I documenti, la cosiddetta scaletta, è un foglio con delle annotazioni in punti. Chi ha letto i documenti BR (facilmente reperibili) sa cos'è un vademecum brigatista. L'accostamento è oltremodo sforzato, e ci sono mille modi per dimostrare che la carcerazione di Luigi Fallico era ingiusta e poteva aver luogo solo in Italia e solo con le tipologie politiche presenti in Italia. Il fantomatico garage con le armi non è stato mai trovato. La Digos lo ha cercato all'impazzata, con frenesia, interrogando amici che come me, con Gigi ci parlavano in virtù di un'amicizia e di una comunanza politica che non è reato né mistero. E non lo ha trovato. Però la parola arsenale è rimasta come se fosse stato trovato, indelebile e riproposta a ogni trafiletto, in cui alle poche novità del processo si accostava un riassuntino errato e superficiale della vicenda. Ma se l'arsenale già c'è, o meglio c'era, diciamo ci sarebbe, allora perché si cercava un ulteriore garage o locale adibito a deposito di armi (memorabile l'appello della Digos ai residenti di casal bruciato).
Se la cosiddetta scaletta doveva servire per dare dettati strategici sul piano della dottrina e del reclutamento, come si spiega che Gigi non ha mai, e dico mai, fatto dei discorsi in questo senso a me, studente universitario di lettere dichiaratamente appartenente a una certa sfera di idee? O alla mia ragazza? Perché con me parlava di quartieri e borgate, lavoro e welfare e non ha mai cercato di ammaliarmi o adescarmi, con discorsi intrisi di quella retorica che tutti conosciamo perché studiata e letta?
E ancora, la famosa frase: "Io questo stato lo voglio abbattere" oppure " o stai dentro o fuori all'arco" (citazione non letterale ma a memoria), cosa dimostrano? Immediatamente evidenziano una reale e tangibile delusione nei confronti dei ceti politici e dirigenziale di questo paese, roba da dover arrestare tutto il MoVimento 5 stelle domani all'alba, visto che è il loro cavallo di battaglia.
I discorsi da circolo politico, sono appunto da club. Parole che vengono dette, da tutti coloro che hanno dentro un passione per delle idee. Soprattutto da coloro che sono delusi dal prototipo politico emerso negli ultimi anni. Ma non si possono arrestare e ingabbiare delle passioni o delle parole. Si possono solo non condividere.
Non c'erano prove, quindi, ma si poteva fare l'arresto, in virtù dello spauracchio "terrorismo di sinistra". Ecco tutto.
E va bene. facciamo finta di accettarlo (ma non va bene). Gustiamoci i vari Fiore & Co. sputare veleno e succo di limone dalla bocca, che si moltiplica se la tagli come una testa di idra di lernia, su giovani con la testa rasata e la croce celtica sulla fibbia. Facciamo andare in tele persone disgustose come la Santanchè, e facciamola parlare a nome di tutti, in modo che l'intero mondo islamico pensi che tutti gli italiani siano cristiani fascisti, e in modo che un'ipotetica idea di futura società multiculturale e multirazziale, che viva in armonia, diventi definitivamente utopica. Accettiamo tutto questo, perché siamo saturi di indignazione, non possiamo più schifarci oltre. Ma dobbiamo accettare che un'autorità preposta alla vigilanza e alla custodia dei detenuti dica no a una richiesta di ricovero pervenuta dalla rappresentanza legale di Gigi, in seguito a diversi malori avuti dallo stesso? Io credo di no. Credo che la burocrazia legale e giudiziaria, carceraria ovvero sociale, che ha ucciso Gigi debba terminare di esistere. Naturalmente questa persona che ha detto "NO", non si sentirà mai responsabile di questa e delle altre morti della casa circondariale di Viterbo, né sarà mai perseguito legalmente per essa. Ma l'inconsapevolezza non salva dalla colpa e la giustizia non è solo giudiziaria o divina, per chi nel divino crede e per chi al divino si affida. La responsabilità umana e irremovibile, tracciante e inestinguibile, è su colui che al grido di aiuto di un essere umano in difficoltà fisica, si tappò le orecchie.
Negando il ricovero, lo uccise.
Immaginate di stare male e di non avere il diritto alle cure. ecco è questo il punto. Poi interverranno i fatalisti, quelli del "era destino". O ancora peggio i pessimisti disfattisti, coi loro "in ospedale muoiono i sani... figurati i malati". Ecco si, forse è così. Ma le cose vanno viste per come sono andate, non per come sarebbero potute andare se chi di dovere, avesse concesso un giusto ricovero per un periodo ragionevole di osservazione clinica.
Un'ultima osservazione, strettamente legata a quanto appena scritto: ma dove doveva andare Gigi, in caso di ricovero? Da Gaucci? I ricchi hanno i mezzi per fuggire, e alcuni perfino la sfacciataggine goliardica di apparire in qualche collegamento televisivo, e parlare a "sfregio". In barba alla legge, uguale fra eguali, e a noi. Le persone semplici e oneste, come Gigi, non scappano, stanno in petto alla vita e la affrontano a testa alta. Fino alla fine.

P.s. Il funerale di Gigi si terrà sabato 28 maggio in via Sandro Sandri 73 (quartiere Casalbruciato) a Roma.
P.s. 2. Per chi ha avuto la pazienza e la voglia di leggere: i commenti sono liberi, sbloccati(non c'è bisogno di registrarsi), e graditi. Potrebbe essere interessante sviluppare un dibattito su quanto è successo, in cui ognuno esprima i suoi pensieri e le sue convinzioni.

martedì 17 maggio 2011

A poi, tra parentesi...

Ieri la Moratti faceva leggermente pena (diciamo per metà, l'altra metà continuava a farmi, scusate, schifo). La sua immagine oscilla fra quella di un cane bastonato che cerca di tornare nel suo rifugio prima di prenderne ancora, ma si accorge di non potere fuggire perché dovrebbe rinunciare a degli ossi succulenti, e quella di un malato infetto da una patologia unica e virale, capace di propagarsi con lo sguardo (e che sguardo baby, con quell'occhio nero sul maxi-schermo di Lerner, formato palazzo). Mentre coraggiosamente, per difendere l'osso, faceva autocritica (in conferenza e per strada ripeteva le stesse uguali identiche parole, cambiando però la loro disposizione, come gli addendi in un'addizione), rendendosi conto che la sua campagna elettorale a base di calunnie e attacchi, non poteva che produrre un effetto "banana" sul voto (tu cammini e mangi banane lanciando la buccia per terra, poi devi ripassare sulla stessa strada, e ti ritrovi a scivolare sulle bucce), i suoi (ex?) sostenitori, nonché compagni di partito e di clubbino, se la passavano come la palla avvelenata (liberatene, liberatene, finché sei in tempo).
D'altronde che il PD sia un partitino non può essere cancellato dalle vittorie di Bologna e Torino (non so, forse per perdere sarebbe bastato impegnarsi di più). A Napoli al ballottaggio ci va De Magistris (cazzo no), che a mio avviso ha poche speranze di vincere. A Milano (Lavamilano), il PDL lavora già a ritmo pieno per associare Pisapia (che non è prima scelta PD) a qualcuno o qualcosa di più estremo di Curcio o le BR (Tipo il Conte Dracula, minchia). Ma. Bersani gongola. Ma.
Berlusconi è ancora imbattibile politicamente a livello nazionale, secondo me ( e secondo i sondaggi di Porta a Porta e Matrix). Il voto di ieri non è nulla (nel senso di cambiamenti epocali), il ballottaggio a Milano è cosa seria, specie se i moderati cascheranno nel tranello propagandistico di B. & Co.Esempi: su La7, nel corso di un intervista rilasciata al TG di Mentana (Mentina, e io che ho letto pure Passionaccia...), Il mitico Feltri già si adopera e sforna le più astute e banali cacate che possa tirare fuori dalla mutanda (e per mutanda intendo letteralemente mutanda, ce l'ha è invisibile, altrimenti si vedrebbe chiaramente nei primi piani che gli fanno di solito al culo parlante). Idem Belpietro.
Note positive: MoVimento 5 stelle al 10% a Bologna, per dirne una (giusto quella). Asse Lega-PDL che s'incrina (questo può pesare a livello nazionale, ma il Bossi è più furbo del suo elettorato, che comunque può sempre spostarsi altrove...) per dirne un'altra.
Ora rimangono le curiosità. Come saranno le due settimane di campagna elettorale di Lety (a proposito, grazie per i 43 esami universitari)? Cosa succede a Milano se Pisapia vince (segnale forte da parte dei Milanesi, tutti fuori dal feudo)? Berlusconi darà la colpa ai magistrati e ai giornali per la sconfitta subita (questa è retorica, perché già lo ha fatto il suo entourage)?
Ai posteri l'ardua sentenza...
Simpaticamente, ciao.

lunedì 16 maggio 2011

La Naqba

L'odioso abuso, al di là di ogni ragionevole o irragionevole diritto di guerra o statuto, accordo o programma, si è protratto nei decenni freddi della storia del Novecento, con non poca influenza sulla vita politica interna degli Stati Uniti. Ben due candidati democratici alle Casa Bianca non ebbero l'appoggio della comunità ebraica, perché lontani dalla causa sionista. Parlo di Al Gore e Kerry, sconfitti dal fondamentalismo di W. Bush.
I dieci anni che vanno dalla guerra dei sei giorni a quella del Kippur, sono cruciali nella formazione dello stato di occupazione e colonizzazione da parte di Israele, di territori non suoi, non acquisiti in nessun modo e nemmeno acquisibili dal punto di vista del diritto bellico,. Questa occupazione è ancora oggi in corso dal punto di vista logistico - amministrativo, illegittima e prepotente come ieri. Violenta e irregolare, inaccettabile sotto qualsiasi aspetto. Io stesso ho visto con i miei occhi, in un documentario -reportage girato a Gaza, i magazzini pieni di viveri e farmaci tenuti accuratamente chiusi e sigillati dalle autorità Israeliane. La causa palestinese va perorata con maggior convinzione, soprattutto con iniziative che partano dal basso, anche perché i media distorcono terribilmente la realtà e fanno disinformazione pericolosa e fuorviante. Anche un programma come anno zero, che si pone come una finestra giornalistica imparziale e attenta, al momento della messa in onda concede numerosi minuti al teatrino della politica, dimenticandosi di dare quelle spiegazioni essenziali per la formazione delle notizie.
Molti concetti che furono e rimarranno di stampo più che destrorso, sono stati col tempo metabolizzati, e oggi sono accettati in quanto costituiscono la prassi. La cacciata da Gerusalemme Est, la perdita di diritti politici, e altre piccole differenze fra gli abitanti dello stato "eletto", sono consuetudine, non fanno notizia, non suscitano scalpore né indignazione.
La violenza dei coloni fondamentalisti, che almeno teoricamente dovrebbero aver abbandonato le colonie dal 2005, rimane, perché è impunita da 40 anni, e non è iscritta al registro che annota i crimini storici di un popolo contro un altro popolo.
Naturalmente l'occidente non è mai intervenuto in modo serio sul problema, e quando si cercò di mediare, in modo timido e poco risolutivo, lo si fece sempre con un occhio puntato in casa propria, perché il voto ebreo. Le comunità di New York, Londra e Parigi, solo per citare capitali globali dal forte richiamo culturale, sono influenti, è questo è un dato oggettivo certo.
Dunque come bisognerebbe intervenire?
Innanzitutto credo sia logico affrontare una volta per tutte la discussione con un diverso approccio: non è una cosa lontana da noi, non è totalmente slegata dai fatti nostri e del nostro piccolo e sudicio cortile. In secondo luogo, pensiamo in termini storici. Scorriamo le diverse fasi della vicenda, passiamo per i quattro conflitti per arrivare all'ultimo spaventoso raid, e ricordiamoci che quello è un evento militare di cui hanno parlato i TG, mentre se scriviamo "ISRAELE BOMBARDA GAZA", su google e poi clicchiamo news, la notizia più recente è massimo di qualche mese fa. Perché le bombe fioccano, in tutti i periodi dell'anno, su cliniche, ospedali, abitazioni private ecc... Altro che il fottuto Gheddafi..Altro che Milosevic.... 1967 (è la data che scelgo io) 201: 45 anni. 45 anni di Nakba.

giovedì 12 maggio 2011

Il mio libro del mese

Il capolavoro di Bulgakov, "Il maestro e margherita", è un esempio sfavillante di letteratura per animi in fuga.
Tra pericolanti intellettuali, appartati in un mondo dorato e protetti dall'establishment, anzi patrocinati, e una Mosca più occidentale e borghese di Londra, un piccolo amore riscrive la storia del cristianesimo e dell'umanità, in chiave satanista. Ma non il satanismo che comunemente s'intende, o meglio anche quello, ma arricchito di una visione taoista.
Quando il maligno rimette sulla retta via, a suon di punizioni umilianti e brucianti, il peggio dell'intellighenzia, in quel preciso istante, i primi lettori del romanzo, pubblicato a oltre vent'anni dalla morte dello scrittore, probabilmente saltellarono divertiti sulle loro poltroncine, si accarezzarono i baffetti, compiaciuti, e chiusero gli occhi per immaginare le scene descritte in modo che apparissero di fronte a loro nitide e potenti, senza rendersi conto che arano loro stessi gli eredi diretti di quell'epoca, ed essendo i primi appunto a leggere, i diretti depositari della critica satirica e finissima.
L'immobilismo sovietico, deriso da un pupillo di Stalin, che mai ebbe il permesso di abbandonare l'Unione Sovietica, ne esce fuori distrutto, in due soli round: K.O. tecnico. Ma la Mosca del libro, come già detto, è una Mosca adagiata e benestante, fatta di professionisti, artisti e tirapiedi, arrampicatori e quant'altro. In due parole: la Mosca borghese, uguale a qualsiasi altra parte borghese di qualsiasi altra capitale europea.
Invito tutti a leggere questo romanzo per riscoprire nella vita di oggi, sui giornali e in televisione, gli stessi personaggi che Bulgakov descrisse oltre 40 anni fa. Non cambiano vizzi e vezzi, virtù e segreti, nella storia dell'uomo. Da Ponzio Pilato in poi, l'errore che macchia la coscienza perseguita chiunque, agevolato dagli strati di ipocrisia multipli che così facilmente oggi possono velare l'essenza dei soggetti mascherandone la vera e impudica natura. L'essere fatto di immagine pura, destinata a dissolversi col tempo o sotto i colpi dell'indagine. Chi conosce è avvantaggiato, ma non parla, perché anch'egli ha qualcosa di oscuro da nascondere. Le parole così potenti e vuote, rimbombano in sale enormi, svuotate di ogni ascoltatore, diventano lo strumento di autocompiacimento della persona, e perdono per sempre la loro funzione pedagogica e sociale.
La religione stessa, ridotta a mero strumento di misura fra bene e male, si riduce a un tappeto di superstizioni su cui appoggiare delicatamente i piedi, per restare eretti senza rompere nulla, in equilibrio precario.
E l'apostolo resta solo con i propri rimpianti, come qualsiasi uomo o donna: Impaurito.
é costretto a scendere a patti col male, ad ammettere la sua esistenza e la sua funzionalità in chiave dualistica, deponendo ogni contrapposizione ideologica.
Ed ecco infine, quella che potrebbe essere una sferzata politica, anche se non so in quale punto del romanzo sia subentrata la moglie di Bulgakov, per completarlo. Se fosse stata la moglie a scrivere quelle ultime pagine, il discorso fra Woland e Levi Matteo, in una Russia post- Stalin, il senso sarebbe comunque forte. Ma se a scriverle fu il russo, in quel caso, la critica al regime acquisirebbe un connotato spietato e forse perfino impietoso. Perché i progressi tecnologici, la propaganda, i palazzi e le lussuose residenze,i teatri e i negozi di dolciumi non servono, se piegate al gioco della burocrazia e della censura. I confini dell'Unione Sovietica, non servirono al regime comunista per proteggere i suoi cittadini, ma per impedir loro di uscire, conoscere il mondo e fare dei paragoni. E questo era chiaro a pochi.

lunedì 9 maggio 2011

Addio Umanità.

Mentre le carcasse del mare riversano in acqua carichi di carne fresca di fuggiaschi, servita con disperazione e condita di una speranza immotivata e ben presto disillusa, e mentre la Nato si tappa le orecchie come un bambino isterico che non vuole sentire le ragioni di un genitore severo (in questa metafora è la stampa, che anche se tardivamente, fa un po' del suo dovere), e mentre Berlusca va avanti e indietro da un palazzo all'altro, di governo il primo, di giustizia il secondo, io, e come me molti, sto seduto su una sedia girevole dell'Ikea a picchiettare con le dita su una tastiera.
Internet doveva portarci la libertà, ma il pericolo di eccessiva esposizione ai flussi di informazione era ben fondato nei primi critici di questa fantomatica comunità. D'altronde altre invenzioni hanno avuto lo stesso destino, nate per uno scopo, si sono rivelate una lama a quadruplo taglio, e sono state usate per scopi posti esattamente agli antipodi dell'originale. Quello che impressiona maggiormente è "l'attrito fra masse", che scoraggia l'impresa della lettura delle varie analisi proposte, poiché emette uno sgradevole rumore, un rumore repellente, che ci costringe a spegnere subito la coscienza e accendere la tele o lo stereo per coprire, buttando volume su volume. Questo attrito è puramente concettuale ed è originato dallo "struscio" fra l'assunto "consapevolezza-complicità" e l'assioma del "non possiamo farci niente se non indignarci", e questo è tutto dire...
Il mondo occidentale, falso e ipocrita, cerca di dare un'immagine di sé che colpisca. E colpisce. Nelle sue auto-rappresentazioni nazionalpopolari si patina di una fulgida aura che convinca tutti della sua saggezza. E convince. Sui suoi giornali denuncia i mali (minori), dandosi un tono di trasparenza che rassicuri. E rassicura. Ma non noi. Noi siamo imbevuti di inganno, gonfi di osmosi col non ci accorgiamo più di ciò che assimiliamo. Strilliamo per le consolari della città, soffocati da snob e traffico e la notte digrigniamo i molari per l'ansia. Scarichiamo tutto lo stress sui rapporti interpersonali e bruciamo amori e amicizie a un ritmo insano. E crediamo che questo sia normale? No, peggio. Crediamo che sia indice di normalità. Facciamo della nostra malattia il metro con cui misuriamo la salute del mondo.
Ma allora chi convinciamo? Chi assicuriamo? Chi colpiamo? Quando l'acqua del mare invade un polmone, un piccolo polmone, immagino quello che possa sentire la persona che di quel polmone è titolare. Mille aghi gelidi che trapassano la schiena, la gola si chiude e si infiamma, mentre il cervello preme sui lati della scatola cranica, cercando di fuggire via per qualsiasi orifizio, orecchie, narici... I muscoli tesi, s'indolenziscono, ma continuano a tirare in preda a spasmi. I tendini sembrano recidersi, ogni minimo intento del corpo è teso nel tentativo di incamerare aria ed espellere acqua. Poi per fortuna arriva la morte.
Per fortuna quando gli Italiani migrarono a milioni in America, lo fecero su navi vere. Magari in condizioni igieniche molto precarie e in stato d'indigenza economica, ma fuggivano dalla povertà, non dalla guerra o dalla persecuzione. Furono accolti, con diffidenza. Qualcuno fece fortuna, per sé e per il paese che lo aveva, bene o male, ospitato. E gli italiani che andarono a colonizzare l'Africa? Andavano a spaccarsi la schiena per nulla, e non lo sapevano. Andarono su navi pagate dallo stato, e andavano animati da una speranza di miglioramento "economico", prima che generale. Nemmeno loro, che in casa avevano il fascismo, scappavano da qualcosa. Scappavano i comunisti e gli anarchici, a morire, in Spagna ad esempio, per ideali politici ed ideologici. Altra storia.
Gli esuli o fuggiaschi, o migranti o poveracci di oggi sono carne. Carne per il mare, che li ingoia e li rigurgita, poiché lui non ha anima ma solo un moto, per i media, che costruiscono titoli ed elaborano impaginazioni, ma non hanno cuore, e per le divinità. Gli Dei odierni, i politici appunto, cui è concesso davvero tutto, anche di disporre delle vite affidate al mare, si comportano come adolescenti attorno a un tabellone del Risiko. Chi conta le navi, chi i carri armati e chi lancia i dadi. Perché si tratta di persone, e ci sono i flussi programmati, e i numeri massimi, e i parametri UE, e altre minchiate che valgono solo se a passare le frontiere sono persone. Se si tratta di soldi o merci, le frontiere sono aperte, lo scambio è libero e i confini non esistono.
Esistono gli interessi, ognuno faccia i propri, finché la marea non arriverà fin sotto la sedia...

Addio umanità.

mercoledì 4 maggio 2011

Il fascista e il sindacato

Venerdì sei maggio, dopodomani, avrà luogo lo sciopero generale, targato CGIL, che dovrebbe interessare tutti i lavoratori. Io ho aperto google e ho scritto "manifestazione CGIL", il primo risultato è stato questo
http://www.ilpiacenza.it/cronaca/sciopero-6-maggio-2011-cgil-corteo-piacenza.html
Ora credo sia opportuno spendere qualche parola in proposito. I diritti dei lavoratori sono di tutti i lavoratori. Ma per distinguere bisogna conoscere. La mia domanda non è cos'ha fatto la CGIL, ma più in generale, cos'hanno conquistato i sindacati nella loro quasi bisecolare storia?
Innanzitutto i sindacati nascono in quel particolare periodo che gli storici hanno battezzato "Rivoluzione industriale". Perché rivoluzione? Non è insito nel termine "rivoluzione" un alveare di allegorie, che una volta evocate portano nel loro ventre un germe di violenza, di cesura, di improvvisa sterzata?
Iniziamo col puntualizzare un'apparente banalità. Dopo migliaia di anni in cui l'uomo sopravviveva prevalentemente dei frutti della terra, e di un pò di commercio, milioni di uomini andavano via dalle campagne per entrare nelle fabbriche. Questo è il "cambiamento epocale primo", il punto d'origine del mondo nella veste in cui l'abbiamo conosciuto noi. Prima non esistevano i concetti che si sono creati e sedimentati nella coscienza umana occidentale nei due secoli successivi. La vita era scandita dai ritmi della natura. Si lavorava in campagna, come le bestie, e spesso si faceva la fame. Si moriva di varie malattie, non esisteva il tempo libero. La vita di fabbrica portò dei cambiamenti, alcuni negativi, altri negativi, ma nel corso dei decenni. Inizialmente si portò in fabbrica il peggio degli aspetti della vita in campagna e lo si unì a un posto di lavoro infernale. Ma quello spostamento, quel cambio di abitudini che sconvolse la societò creando le classi, bè.. è la rivoluzione baby. Diede un impulso alla storia del mondo, che da quel momento accelerò vertiginosamente, arrivando nel giro di cinquant'anni al fatidico punto di non ritorno. Quando si scatenò la seconda rivoluzione industriale, che coinvolse anche altri paesi oltre la Gran Bretagna, l'industrializzazione divenne un argomento globale, e ancora oggi non è un processo compiuto.
A questo punto voglio citare Goody, il più grande antropologo vivente, che riporta in un suo libro un aneddoto molto illuminante. Goody portò con sé in una fabbrica un capo di non so quale tribù aborigena, di quelle tribù che ancora oggi vivono al limite della nostra civiltà, il quale alla vista degli operai all'opera sui nastri della catena di montaggio chiese al suo cicerone: "sono schiavi?". Questa domanda da sola dimostra che il nostro modo di pensare e di intendere il mondo non è unico, e che altre culture, che noi spesso definiamo arretrate, non metabolizzano facilmente certe condizioni di vita o di lavoro, ne sono propense a un eventuale inserimento nelle maglie del capitalismo. Chiusa parentesi.
I sindacati nella loro storia sono stati combattuti e perseguitati. Nel loro periodo d'oro hanno conquistato una forte influenza nelle sfere di gestione del potere, inserendosi nella cosiddetta "zona grigia" della democrazia. Durante il ventennio fascista furono soppressi e sostituiti dalle corporazioni. Non so quanto la tradizione classico-romana abbia influito sulla scelta del nome.
Il punto a cui faticosamente sto arrivando è che certi diritti, se intesi come universali, non hanno colore politico, neanche etnico, figuriamoci ideologico (oggi che le ideologie sono defunte, sarebbe oltremodo anacronistico). Quando un lavoratore di qualsiasi categoria è sul posto di lavoro, e si va a fare una pisciatina perché ha bevuto troppa acqua, comprata alla macchinetta della sala pausa, dovrebbe sapere che a evitare l'inevitabile uso di cateteri e pannolone, è stata l'azione sindacale. Che forse è grazie a questa che esiste, non la sala pausa, ma la pausa. E si potrebbero fare esempi per tante altre cose, che diamo per scontate (non il salario, che è basso, ma comunque garantito grazie ai CCNL) come il limite di ore massimo (8), la tutela dal licenziamento ingiustificato (Art 189 ecc, ecc...
Sono diritti di cui godono tutti e che una volta non c'erano. Diritti conquistati, a volte col sangue, e che oggi troppo facilmente si cerca di rimettere in discussione. Certi diritti poi, sembrano privilegi, è vero, ma solo agli occhi di chi non ne ha. E se esistono certe tipologie contrattuali non è per assecondare le dinamiche del mercato, è per di-vi-de-re la società in "settori", le nuove classi sociali. Non mi sembra giusto. I ricatti della Fiat fanno ridere tutti, tranne chi giustamente ha paura di perdere la sua unica fonte di sostentamento: il lavoro. Ma lo Stato, cioè noi, ha dato parecchi soldi alla Fiat e agli Agnelli. Sarebbe magari il caso di restituire qualcosa. Il mercato non è infallibile, altrimenti non si capisce perché si provi il terrore al pensiero che Alitalia fallisca (scusate il gioco di parole). Se affidiamo tutto al mercato poi non si può salvare un'azienda in rovina per preservare i posti (ma dei manager o dei lavoratori?). Se invece si vuole mediare c'è bisogno di un struttura che sappia recepire e incanalare le istanze. Ci sono i sindacati, migliorabili, ci sono i diritti definiti dalle leggi, migliorabili anch'esse, e poi c'è Forza Nuova. Che si fotta.
P. s. Ho sintetizzato molto il discorso storico, saltando passaggi importanti fra l'organizzazione del lavoro, l'uso della forza vapore e l'esodo in fabbrica, e poi ho chiosato coi nostri giorni, ma voglio mantenere il post asciutto. Me ne scuso.
P.s. 2 Non rileggo e incrocio le dita.

lunedì 2 maggio 2011

Un motivo abbastanza pragmatico.

Gli americai. Gli Ameri- Cani, sono senza dubbio il popolo più strano del globo. Capaci di cose mirabolanti e allo stesso tempo aberranti. Ogni impero nella storia del mondo ha avuto un suo scopo, più o meno nobile. L'impero americano ne ha avuti mille e in fin dei conti non ne ha avuto nessuno. Gli americani invidiano la cultura francese, ma non quella italiana. Gli americani hanno uno stile di vita che li rende obesi, ma contemporaneamente sulle spiagge delle due coste sfilano i corpi più curati e ritoccati del mondo, corpi spregiudicati e lanciati all'inseguimento di una chimerica perfezione. Negli USA ci sono le università più prestigiose e care del mondo. Negli Stati Uniti pare che la Pepsi venda più della Coca Cola, ma non esiste il Chinotto.

Stanotte il presidente Obama, eletto dallo stesso popolo che elesse Clinton, per poi metterlo sotto impeachment, non per i disastri politici e militari ma perché reo di mancata confessione di adulterio, ha dichiarato, in un discorso ricco di retorica biblica come da tradizione, che Osama Bin Laden è stato ammazzato.
Il popolo, il popolino diremmo in Italia, è sceso a manifestare gaudio in strada, di fronte alla White House, a Ground Zero e in altri posti. Quello stesso popolo non sa, o finge di non sapere e non conoscere le centinaia di stragi e massacri perpetrati dagli stessi servizi americani, dalle agenzie governative o su mandato di presidenti come Bush senior, Reagan, Nixon e altri, nei decenni del novecento. Dal Nicaragua a Panama, dal Vietnam a Cuba, gli Stati Uniti hanno venduto armi a fazioni, per poi aizzarli contro i "nemici" che erano stati democraticamente eletti; hanno rovesciato napalm su bambini e donne; hanno raso al suolo città sotto le bombe dei caccia. Hanno portato "terrore", lo hanno diffuso, lo hanno seminato.
L'ondata di euforia popolare per l'uccisione di un terrorista (dilettante in confronto agli States), che ha comunque messo in ginocchio e in discussione un impero, è comprensibile, forse un pò meno giustificabile, comunque dal punto di vista dei sentimenti umani, prevale la comprensione. Non solo per i ricordo dei grattacieli in fiamme e delle persone, lanciatesi in volo dai piani alti in un disperato tentativo di fuga. Anche per tutto quello che c'è stato dopo. Il terrore, quello vero, è stato scatenato dopo, dai media, dalla Fox in particolare e dal governo.
Quando Bush venne rieletto, quella parte del mondo che credeva che la seconda guerra in Iraq non avesse uno straccio di giustificazione, si rese conto che era la maggior parte degli americani a volerla, e non solo un presidente con dei consiglieri leggermente maliziosi. Ma bisogna sottolineare che quel popolo era stato terrorizzato per quattro anni dai telegiornali.
La cattivissima abitudine di credere a tutto ciò che sentiamo in Tv porta anche a questo. I dati in proposito sono di una nettezza che non lascia adito a dubbi. Quando si scatenò la campagna anti-rumeni, il Governo Prodi emanò un pacchetto sicurezza, come se fossimo in guerra e come se i saturi codici italiani, non fossero già zeppi di norme e leggi che garantiscono la totale sicurezza di tutti, in teoria. Poi se la realtà è diversa è per altri motivi. Ad esempio, se si costruisce un quartiere enorme, a 20 Km da tutto ciò che è civiltà, per compiacere dei palazzinari, e non lo si dota né di un servizio di trasporto adeguato né di altri servizi base, cosa si è creato? Un ghetto, semplice.
Se le autorità sono delegittimate in parte, non è solo per la carenza di mezzi e risorse, ma soprattutto per abusi rimasti impuniti. Penso alla Diaz, a Cucchi e ad altri casi di cui nonostante si sia parlato moltissimo, si è riuscito a fare giustizia nella misura più ridicola possibile. E mi domando: in quei casi di cui nessuno sa, di cui nessuno parla,
come va a finire?
Non esiste risposta, o meglio la risposta si sa ed è inutile scriverla.

C' era quella bella canzone che faceva:
Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo.
Osama è vivo, gli Stati Uniti hanno creato un martire, e il popolo non dovrebbe festeggiare, almeno per questo motivo. E mi sembra un motivo abbastanza pragmatico.

domenica 1 maggio 2011

Beato

Il papa polacco è Beato, venerazione locale concessa. Ma il papa polacco è il papa internazionale per eccellenza. Coraggio ammettiamolo, anche noi ci siamo commossi a ripercorrere attraverso le immagini e le musiche degli speciali delle varie testate, l'incredibile vita di Karol. Un papa operaio per quattro anni, che dedicò diverse encicliche al tema del lavoro. In rotta col capitalismo, anticipò di almeno un decennio le problematiche della finanza sganciata dall'economia reale. In rotta col marxismo, inevitabilmente diffidente nei confronti del comunismo russo e dei suoi pallidi modelli occidentali, si scontrò personalmente per la libertà sindacale nel suo paese, appoggiando Solidanosc. Un grande papa, con molte luci e poche ombre.
Quando penso a Giovanni Paolo II mi viene in mente lo scandalo IOR, ma non subito. Prima nella memoria affiorano le gesta di umiltà, i mea culpa a nome della Chiesa Cattolica. Il papa di tutti, nel vero senso della parola, è anche il primo papa che la mia generazione conobbe dai Tg e non dai libri, o dai ricordi di nonni e genitori.
Lo splendido documentario di Enzo Romeo (per chi non lo sapesse è sidernese), andato in onda ieri sera su Rai 2, ha messo in luce due punti (fra loro connessi)
Il primo è che la Romana Chiesa può, anzi deve, occuparsi del sociale. Stare in mezzo alla gente, nelle fabbriche e nelle assemblee è compito dei sacerdoti quanto dei politici. Oltre la morale sessuale e la fede, che comunque a mio avviso rimarrà una questione personale nell'era dell'individuo, l'azione mediatrice e pedagogica di un buon clero nel sociale è l'unica via possibile a un'onesta evangelizzazione. A questo proposito l'Arcivescovo Bregantini esorta i nuovi seminaristi a lasciare stare alcune distrazioni e a tornare in strada, per così dire.
Il secondo punto è politico, e non so se mi piace o meno. La Chiesa, giusto o sbagliato che sia, può ancora stare nell'arena politica, anche se in posizione meno esposta al passato (recente). Ma se lo fa nelle modalità opportune, coi toni opportuni e con le persone adatte, può trarne benefici ancora maggiori che in passato. E se il punto uno viene rispettato, a godere di questi benefici saranno tutti.
Oggi, anche se ancora per poco, è il 1 Maggio, da Chicago alla seconda internazionale comunista questa data è pregna di significati per chi è di sinistra, ma sa guardare il mondo attraverso lenti di diverse gradazioni. Inoltre, non tutte le persone di sinistra, o gli elettori di sinistra, sono lavoratori, anzi la percentuale diminuisce sempre più velocemente.
Dunque che il Primo Maggio sia di tutti: comunisti, non comunisti, lavoratori, studenti, cattolici, atei, agnostici, militari, poliziotti, fricchettoni, cuoche, massaie, baristi, cubiste, veline, ecc...
Di tutti, come Giovanni Paolo II.

Citazione necessaria: Perché tanto odio? (Edika)

venerdì 29 aprile 2011

Stessi Occhi

Poesia del 1983 di un anonimo irlandese, traduzione mia.



Se dinnanzi a questi stessi occhi,

riposavi in pace, stessa mira
su la cosa che vogliamo in pochi
lurida discende, solitaria tira
La linea che segna ill confine,

istante stesso prima della fine.


falce va giù! poi non si respira,

gelo e affanno van sui fuochi
freddo o caldo l'attimo che vira
vuol silenzio nella nostra pira
il vallo è superato assai

dì infelice che non rivivrai

Ora tu, non negare che ti stringa,

forte marchia incandescente verso
ogni spasmo muscolare, e vinca
ogni tuo moto, andato perso
puoi salvarti solo negli arrocchi

te lo lessi negli stessi occhi.

giovedì 21 aprile 2011

Chi dice "cosa"?

Vista la difficoltà nel trovare chiavi lettura oggettivamente valide, mi spingo un "anticchia" oltre il bordo per osservare meglio.
Ho preso in mano "il Messaggero", e l'ho sfogliati. Ho anche letto alcuni articoli, pochi per la verità, ed è normale, visto che informarmi non era il mio obiettivo. Nemmeno fare una lettura critica era tra i miei obiettivi. Anzi non avevo affatto obiettivi. Ho preso un giornale in mano, in un bar, e gli ho dato un'occhiata. se decido di comprare un quotidiano, compro il corriere, e se leggo l'editoriale, mi viene da sorridere. Non do molta importanza agli editoriali, perché secondo me sarebbe uno sbaglio. Ed è questo il punto: l'auto-referenzialità. Mi dispiace dirlo, ma non bisognerebbe più comprare i giornali esistenti a oggi. Dovremmo farne di nuovi, noi giovani e meno giovani, e venderceli per i fatti nostri. Il Messaggero dicevo. Chiunque abbia studiato anche minimamente Giornalismo sa che l'impaginazione e la scelta delle scalette, delle gerarchie e dei valori notizia, danno dei ragguagli molto precisi sulle strategie di un quotidiano. Politica a parte, il bello del gioco sta nella cronaca. E qui torna il discorso di prima. I giornali stampano le prime sei pagine occupate da cronaca politica per poche categorie di persone: I politici e gli altri giornalisti (ossia i diretti interessati) rappresentano un'ottanta per cento, a mio avviso, del totale dei lettori di quelle pagine. nel rimanente venti troviamo gli studenti e (forse) qualche lavoratore in qualche periodo particolare della vita pubblica (rinnovo di contratti, trattative sindacali ecc..). Ecco perché le carte si scoprono altrove.
Il mio cervello assimila l'impaginazione molto velocemente, sarebbe impossibile una simile velocità nel processo di lettura ed analisi. Oggi un articolo parlava del fenomeno dei Bar gestiti da Cinesi nella capitale, sopra c'era una notizia un attimino più importante, e la pagina, già di per sé frivola, andava forse alleggerita. Basta così col Messaggero, è solo l'episodio che conta.
Tra le percentuali che ho ipotizzato sopra ci sono gli studenti. I miei colleghi di Facoltà, dovrebbero occuparsi di giornalismo. Certo i più dotati e gli interessati. Certo a studi finiti e dopo un apprendistato. Ma dovrebbero.
Esiste una sorta di club privato dei canottieri sul Tevere, un circolo di élite di giocatori di canasta, si chiama "Ordine dei Giornalisti" e al suo interno ci sono i giornalisti, ovviamente. Se fosse sempre e comunque sbagliato generalizzare, non si potrebbe scrivere di nessun grande partito o di nessuna istituzione, perché al suo interno è lecito che anche nel peggiore dei casi ci possa essere un buon numero di persone degne ed oneste. Ma io parlo del concetto di club, di circolo, di élite, e poi puntualizzo sull'individuo, descrivo delle regole base e origino una "casta". Non è così, o meglio non solo.
Mentre tutti dicono a tutti cosa va o non va fatto, noi ci rendiamo conto che questa cosa non va affatto.

Mi rivolgo ai miei colleghi, perché spesso li vedo infervorati a discutere su quella firma o quella scarpaccia senza suola, e me ne dispiaccio. Alcuni sentono il bisogno di avere dei punti guida, dei riferimenti. Ed è giusto. Ma poi vivendo, li devi oltrepassare. Questo andare oltre arriva quando sperimenti nella vita le tue capacità, e commisuri i risultati con le possibilità avute, dai dei valori, e ogni tanto ti lecchi le ferite. Gli intellettuali sono morti dopo dio e Marx (scusate se non scrivo in minuscolo anche il secondo), ma Io mi sento particolarmente in forma.
A tal proposito parlavo a un mio caro collega, che stimo molto, della "Democrazia del grande fratello" di Chomsky, il quale svela, non dico il trucco, ma perlomeno qualche meccanismo del trucco. E si parla della stampa presa ad esempio da noi in Italia, cioè quella liberal americana. Ne scriverò più approfonditamente in un'altra occasione perché ora voglio chiudere. Se i giornalisti stanno in un circolo e scrivono (maggiormente) per loro stessi e la classe politica, perché devono essere considerati oltremodo autorevoli, da noi, che nel circolo probabilmente non potremo entrare mai? Perché il circolo non viene aperto? Perché il circolo esiste? Scrivere è considerato così incredibilmente sofisticato? Io non sto forse scrivendo? L'ordine mi protegge da notizie false e scorrette interpretazioni? non credo. Perché non posso fondare io un nuovo circolo? Potrei chiamarlo "Ordine degli informatori", oppure "movimento di chi prima pensa e poi scrive", e via a stampare giornali, fogli, biglietti, magazine, raccogliere pubblicità, accreditarmi qui, socializzare là. Ah ecco. Ecco perché.

Ho male agli occhi, non rileggo.

Chi è allo specchio?

Ulisse, "lo zoppo", o Odisseo, "Colui che odia" ovvero "Colui che è odiato", appartiene a un filone di eroi che ha molte caratteristiche in comune. Innanzitutto il motivo della ferita alle gambe, poi la parte liquida, ad esempio l'acqua del mare o dei fiumi, infine le figure femminili. Voglio subito mettere in chiaro una cosa: non sono assolutamente in grado di scrivere un dizionario del mito greco o di dissertare tranquillamente su questa o quella versione.
Ma voglio procedere con ordine.
Ulisse, lo zoppo, riporta una ferita alla coscia durante una battuta di caccia in giovinezza. Achille ha un unico punto debole, il tallone. Edipo "Piedi gonfi" ha i talloni feriti, perché immobilizzato in vista della sua uccisione, a causa di una profezia che poi si avvererà.
Ulisse e l'acqua, il mare naturalmente, ma anche il fiume, la sua discesa nelle profondità dell'ignoto. Achille e il mare, al cospetto del quale, immobile, nell'inazione, attende la madre,in lacrime (tutti i liquidi sono importanti se fluiscono) oppure Achille e il Fiume, col quale combatte, sfidando la potenza degli dei.
Ulisse e Penelope. Achille e Teti. Edipo e Giocasta. Donne, divine e mortali. Corpo di dea e spirito di cagna, come Elena, la madre di tutte le donne mortali, associate ora alla quiete del focolare domestico, quando tessono e cantano, ora al caos, quando il loro canto è diverso e come quello di Circe, è sovrumano.
Le gambe e i piedi, le acque di mari e dei fiumi e le donne, siano esse madri amorevoli o incestuose, mogli fedeli o divinità dalla tristezza che imprime terrore. Tre motivi che annotiamo e di cui dobbiamo solo tener conto per comprendere la grandezza degli eroie la possibilità offertaci dal mito.
Quando Ulisse torna a Itaca, Atena lo traveste, lo rende irriconoscibile. Da un'altra prospettiva sono gli altri a essere ciechi, resosi tali da loro stessi, dalla loro incapacità di vedere, confusi come sono dall'avidità e dall'ambizione.Forse non hanno mezzi necessari al riconoscimento. Forse hanno gli occhi ammantati da una nebbia naturale (ma anche divina). Invece no. Che i segni ci siano per riconoscere Ulisse ce lo dimostra Euriclea, vecchia nutrice di Ulisse, che nell'atto di tergerlo (etimologicamente: ripulire e asciugare sfregando) scorge in lui la cicatrice sulla coscia e lo identifica. Donna (madre), acqua, gambe.

Ulisse libera il suo palazzo dai Proci e lo fa compiendo un massacro triste e necessario. D'altronde l'immagine di un Ulisse buono e furbo è diversa da ciò che si ottiene in lettura. Più volte sfrontato, avventato, riportato alla calma e al pensiero razionale da interventi calati dall'alto, privilegiato depositario di consigli e attenzioni della più potente fra le dee del pantheon greco, Ulisse, provocò la morte di molti compagni, cadendo in trappole e imboscate. Non è un dio, è un uomo. Un uomo che ha a che fare con divinità come Poseidone, stando in mare e sopravvivendo. Liberato il suo palazzo afferma il principio di successione patrilineare, su quello delle linee claniche, si batte per un potere terreno, materiale, ma anche per un principio, nella grandezza delle ambivalenze. Dunque è umano, ma poteva diventare un Dio. Calipso glielo propose (Donna divina), lui rifiutò. La madre lo liberò dagli ultimi dubbi (Donna mortale, anzi morta) donandogli una consapevolezza che lo portò al pianto (l'acqua che torna a fluire).
Tiresia aveva predetto secondo alcuni, che la sua morte sarebbe venuta dal mare (dall'ignoto, da lontano), per altri per mano del figlio stesso. E così fu in effetti.
Quando Ulisse muore, lo fa per mano di suo figlio Telegono, avuto con Circe (Donna dal canto sovrumano in quanto maga), che lo manda alla ricerca del padre. Ma padre e figlio non si riconoscono, Il primo vede il secondo come un assalitore della costa itacese, e per difendere quel diritto di regalità affermato lo affronta. Il secondo non riconosce il padre né l'isola di Itaca, forse per colpa di una nebbia fitta (di nuovo l'incapacità di vedere, di distinguere, ricordiamo che Tiresia è cieco per aver visto le Atena nuda, quindi per "aver visto troppo"), e lo infilza con una lancia che ha per punta aculei di razza avvelenati. Ecco la morte che viene dal mare, o da lontano, o per mano del figlio. Ulisse muore e discende nell'Ade, dove probabilmente rincontrerà Achille, disgustato dello status di "eroe morto", lo stesso Achille che all'eroe di Itaca aveva confidato che avrebbe preferito vivere come un povero agricoltore piuttosto che essere morto, rinnegando quindi la sua folgorante vita eroica.
Penelope piange il marito e Telemaco la consola: assieme al figlio e al figliastro si reca sull'isola di Circe ove Ulisse viene seppellito. Telegono sposa Penelope, Telemaco sposa Circe, a tutti e quattro ascendono al rango di immortali, acquisendo dunque quel requisito che Ulisse aveva rifiutato anni prima. Penelope, la savia è incestuosa? No, manca l'elemento di continuità per poterlo affermare. é anzi onorabile, si sacrifica per il marito defunto, sotto un certo aspetto è la stessa savia Penelope che tesse fra le mura del palazzo.
Tutti i motivi ritornano prepotentemente nell'ultimo viaggio dell'eroe, dall'acqua alla donna, dalla ferita all'errore tragico.

La società descritta dal mito appare ancora oggi attuale, oltre che interessante. Politicamente, prima della Polis, le condizioni potevano essere migliori per le donne, ad esempio. Il loro canto e la loro azione avevano dei luoghi deputati si, ma potevano prorompere all'esterno, a patto di perdere quell'umanità femminile. Le ferite, con le quali si iniziavano le fondazioni di città, sono sintomatiche del tipo di economia diffusa, rappresentano l'aratro che entra nella terra e la apre. Il seme è un elemento liquido, fluido. L'amore sfrontato e impossibile, l'eros incestuoso o innaturale, si avvale della metafora liquida per esprimersi in versi di passione in cui il seme maschile è paragonato ad acqua di libagione, con dei livelli che perfino oggi sfiorerebbero la pornografia. In altri casi si raggiunge invece la stabilità.
La civiltà che più di tutte influirà il nostro modo di pensare, sta nascendo, va forgiata, va condotta all'interno delle mura cittadine e introdotta nello spazio dell'agorà. Esiste in forma embrionale, e chi la rappresenta forse ha profeticamente capito qualcosa. Il mito svolge diverse funzioni: preparatoria, propagandistica, educatrice, civilizzante e altre.
I viaggi di ritorno degli eroi, e i poemi che se ne occupano, "i Nostoi", sono ancora attuali. Ci dimostrano quante sfaccettature possa avere un semplice viaggio, se la si smette di interpretarlo com mero spostamento fisico o mezzo di acquisizione di dati ed esperienze.
La semplicità delle trame è solo apparente, e i tessuti più complicati risultano invece essere i più adatti a fare chiarezza una volta entrati nell'ottica del "raffronto parziale". Tutte le culture e le civiltà cosiddette hanno avuto uno scopo e una funzione ai nostri occhi, che le osservano dal presente. Successivamente le inseriamo in un continuum immaginario di ere ed epoche che chiamiamo con nomi più o meno convenzionali. Ciò non vuol dire che tali società, composte da individualità piuttosto rilevanti, non si rappresentassero ai loro stessi occhi nel medesimo modo. Questo non lo sappiamo, ma il mito ci aiuta ad intuirlo, e ad intuire il modo in cui proiettiamo la nostra immagine verso il nostro doppio nello specchio.

martedì 19 aprile 2011

Il paese reale 2: sogni e drammatici risvegli

Finalmente rientro in ballo, come disse Shirley Temple il giorno del suo ritorno sulla scena. Incantevole bambina, tutti quei riccioli, tutta quella diplomazia...
Pare che il presidente Obama non abbia più nessun sogno da "possiamo farlo". Il primo presidente nero degli Stati Uniti d'America, non ha perso solo il controllo del congresso , ma anche la faccia. Ma come? Non era meglio essere un presidente "epocale" che venire rieletto? Nemmeno l'espressione "ai posteri l'ardua sentenza", inflazionata per i politici off-sider, avrebbe senso, suonerebbe anzi come un ossimoro (pronuncia greca per favore).
Il vecchio comunista solitario e disilluso si aggira come uno spettro per l'Europa, meditando sulle questioni esistenziali che da secoli attanagliano la nostra anima, deturpando quel che resta della nostra primordiale innocenza aggressiva. Mangia-fotti-crepa è stato sostituito da Magniamiocreperaifottuto, e nel PIL c'è tutto tranne quello che rende la vita veramente degna di essere vissuta (cito un Kennedy grande, penso a un Sallusti piccolo piccolo). Pier Paolo Pasolini fu un uomo, nel senso che nell'età dei lumi a questo termine veniva probabilmente riconosciuto. Egli non conobbe il perdono, nemmeno per se stesso, e visse di dilemmi e contraddizioni, per essere dimenticato e riscoperto dopo un periodo di decantazione talmente lungo che chi lo riscoprì, dopo 30 anni, una malsana intellighenzia tutta italica, lo definì prontamente profetico e lungimirante.
I nostri intellettuali maggiori non si sono mai sottratti all'errore come condizione di umana natura, mi viene in mente Sciascia, ma portarono in loro il merito impagabile di essere stati dei grandi indagatori, in primis delle loro ignoranze (più piccole delle nostre, ma comunque esistenti, e dunque indagate). Già Svevo, in quello che per me è un capolavoro, insegna molto sul fallimento personale e quotidiano, accettato come un modus vivendi naturale, persino capace di portare obiettivi altrimenti impossibili. La costanza dello sconfitto lo porta a dei risultati che chi vince non sfiora nemmeno.
Ma questo non è il paese reale, quello è un altro e piuttosto che descriverlo, capirlo, o quantomeno"constatarlo", la nostra parte razionale inventa stanze con specchi deformanti, del tutto irrazionali. Se l'evoluzione del pensiero ci ha portato a quest'epoca, in cui il pensiero non ha più forme che non siano auto rappresentative, è perché miravano tutte troppo in alto.
Rappresentazione del vero fino all'iper-vero, conseguimento di diritti e libertà dal contenuto universalistico che non tennero conto delle diversità antropologiche delle cosiddette civiltà, ecc. Per carità, non voglio fare una critica alla Rivoluzione, o ai lumi, a ai romantici o a Hugo. Però...
Fra un secolo che nomi saranno dati ai nostri stili letterari, ai nostri gusti estetici e quant'altro? Il decadentismo può essere riproposto perché non prevede un limite di caduta, un punto zero insomma. Avevamo idee, sono diventate ideali e poi sono state ingabbiate dalle ideologie, che le ha messe in griglia. Così nella vita: sei piccolo e vuoi fare un mestiere, cresci e credi che quel mestiere possa aiutare te e gli altri, cresci ancora e credi che quel mestiere sia un meccanismo di una struttura che si muove verso qualcosa, e l'aiuta a muoversi. Infine invecchi e sai per certo che quel meccanismo, se esiste, non sta andando da nessuna parte, e se va, non hai idea di dove diavolo stia andando. Poi muori e il tuo epitaffio sarà: "Mangia-Fotti-Crepa (e non pagare le tasse)".
A questo punto tu, definito da Eco "Lettore Modello" dovresti chiederti: "Si ma Co, cacchio così non si capisce, o meglio io capisco, ma si potrebbe non capire di che parli" Vero. Voglio fare degli esempi. Argomento energie rinnovabili ovvero pulite ovvero alternative. A parte che ho scoperto da un articolo di "Le Monde" riportato da "Internazionale" che l'energia nucleare è anche un alternativa in quanto produce il 6% contro il 7% delle rinnovabili (cito a memoria, ma lo scarto è di uno),mi pare che le discussioni siano poste sempre e solo sotto l'aspetto economico. Taglio- profitto- bilancio- stop-. Sembra un telegramma.
Ma anche sotto questo aspetto, nessuno tiene conto del secondo aspetto, che è una conseguenza del primo aspetto. Capito? Ecco un prospetto:
Primo aspetto: qualità della vita (influisce sulla salute, non è "economizzabile" per uno Stato-Nazione, così come viene inteso da un politologo qualsiasi).
Secondo aspetto: salute (influisce sull'economia, ma è un altro principio su cui gli Stati moderni poggiano, in quanto costituzionalmente molti se ne fanno garanti nei confronti della collettività)
Terzo aspetto: Economico (finalmente si possono tirare i conti sul bilancio dello stato)
Quello che voglio dire è che una popolazione soddisfatta della sua vita, che respira aria pulita e si lava in acqua limpida, è un fine per uno Stato. Una popolazione sana è un altro fine per uno Stato. Poi viene l'economia. Ma probabilmente l'economia si gioverebbe di un minor numero di uscite in alcuni campi: ad esempio per contrastare l'insorgere di tumori dovuti a cause ambientali e/o alimentari, ovvero le malattie respiratorie, ovvero le patologie cardio-vascolari e altre cose che, ormai è inutile nascondersi, sono il frutto del nostro stile di vita, ma anche di un ambiente tossico che ci fa da cornice.
Se questi elementi venissero introdotti nel dibattito sul nucleare, anche io andrei a scrivere sul forum di Chicco Testa, ma qui si tratta di riabilitare Chernobyl o di avviare un dibattito serio?
Ultimo appunto, quello da comunista solitario con la spada e la mascherina di Zorro: i soldi ci sono per tutto e tutti, ma sono congelati in delle banche. In delle carceri per banconote, in delle gabbie dove chi è ricco tiene ciò che ha perché non potrebbe mai riuscire a spenderlo, e chi vuole fare affari (giustamente coi soldi degli altri) prende e disfa. La cosa bella è la raccolta capillare che le banche hanno messo a punto su tutto il territorio per non lasciare nemmeno un centesimo di liquidità ai Cristi della strada. Questa splendida politica basata sulla ricchezza di pochi e la povertà di quasi tutti ha un nome: "gocciolamento". Venne adottata da Reagan quando fu presidente degli Stati Uniti d'eccetera (di nuovo nel nuovo continente, così cerco di chiudere il cerchio). é facile da imparare: se chi è ricco diventa più ricco, è probabile che mangiando faccia cadere più briciole, perché ovviamente mangerà di più, i cani sotto il tavolo potranno quindi scodinzolare più veloce, perché la pappetta aumenterà.
Avrete già capito chi in Italia ragiona ancora così no? Tutti, dal numero uno a noi persone comuni, i Cristi di strada, d'altronde aiuta l'impresa e questa creerà posti di lavoro. Ma le cose sono andate diversamente. In Fiat ad esempio. Ma ci sono casi diversi, casi peggiori. C'è chi prende i soldi e scappa, come Woody, c'è chi prende i soldi ma è incapace, non sa fare il capitalista, non può sgocciolare. E quando se ne accorge cerca di prendere tutto quello che può, perché esistono grasse buonuscite per i "falliti d'elite", liquidazioni d'oro (come farà Geronzi a spendere la sua liquidazione in quei quattro o sei anni di vita che lo separano dalla morte biologica?), insomma, i Re Mida del capitale, senza capitale.
Sinceramente vostro Cosimino.
Post Scriptum: non rileggo, come d'abitudine, scusate per eventuali errori o discordanze.