mercoledì 4 maggio 2011

Il fascista e il sindacato

Venerdì sei maggio, dopodomani, avrà luogo lo sciopero generale, targato CGIL, che dovrebbe interessare tutti i lavoratori. Io ho aperto google e ho scritto "manifestazione CGIL", il primo risultato è stato questo
http://www.ilpiacenza.it/cronaca/sciopero-6-maggio-2011-cgil-corteo-piacenza.html
Ora credo sia opportuno spendere qualche parola in proposito. I diritti dei lavoratori sono di tutti i lavoratori. Ma per distinguere bisogna conoscere. La mia domanda non è cos'ha fatto la CGIL, ma più in generale, cos'hanno conquistato i sindacati nella loro quasi bisecolare storia?
Innanzitutto i sindacati nascono in quel particolare periodo che gli storici hanno battezzato "Rivoluzione industriale". Perché rivoluzione? Non è insito nel termine "rivoluzione" un alveare di allegorie, che una volta evocate portano nel loro ventre un germe di violenza, di cesura, di improvvisa sterzata?
Iniziamo col puntualizzare un'apparente banalità. Dopo migliaia di anni in cui l'uomo sopravviveva prevalentemente dei frutti della terra, e di un pò di commercio, milioni di uomini andavano via dalle campagne per entrare nelle fabbriche. Questo è il "cambiamento epocale primo", il punto d'origine del mondo nella veste in cui l'abbiamo conosciuto noi. Prima non esistevano i concetti che si sono creati e sedimentati nella coscienza umana occidentale nei due secoli successivi. La vita era scandita dai ritmi della natura. Si lavorava in campagna, come le bestie, e spesso si faceva la fame. Si moriva di varie malattie, non esisteva il tempo libero. La vita di fabbrica portò dei cambiamenti, alcuni negativi, altri negativi, ma nel corso dei decenni. Inizialmente si portò in fabbrica il peggio degli aspetti della vita in campagna e lo si unì a un posto di lavoro infernale. Ma quello spostamento, quel cambio di abitudini che sconvolse la societò creando le classi, bè.. è la rivoluzione baby. Diede un impulso alla storia del mondo, che da quel momento accelerò vertiginosamente, arrivando nel giro di cinquant'anni al fatidico punto di non ritorno. Quando si scatenò la seconda rivoluzione industriale, che coinvolse anche altri paesi oltre la Gran Bretagna, l'industrializzazione divenne un argomento globale, e ancora oggi non è un processo compiuto.
A questo punto voglio citare Goody, il più grande antropologo vivente, che riporta in un suo libro un aneddoto molto illuminante. Goody portò con sé in una fabbrica un capo di non so quale tribù aborigena, di quelle tribù che ancora oggi vivono al limite della nostra civiltà, il quale alla vista degli operai all'opera sui nastri della catena di montaggio chiese al suo cicerone: "sono schiavi?". Questa domanda da sola dimostra che il nostro modo di pensare e di intendere il mondo non è unico, e che altre culture, che noi spesso definiamo arretrate, non metabolizzano facilmente certe condizioni di vita o di lavoro, ne sono propense a un eventuale inserimento nelle maglie del capitalismo. Chiusa parentesi.
I sindacati nella loro storia sono stati combattuti e perseguitati. Nel loro periodo d'oro hanno conquistato una forte influenza nelle sfere di gestione del potere, inserendosi nella cosiddetta "zona grigia" della democrazia. Durante il ventennio fascista furono soppressi e sostituiti dalle corporazioni. Non so quanto la tradizione classico-romana abbia influito sulla scelta del nome.
Il punto a cui faticosamente sto arrivando è che certi diritti, se intesi come universali, non hanno colore politico, neanche etnico, figuriamoci ideologico (oggi che le ideologie sono defunte, sarebbe oltremodo anacronistico). Quando un lavoratore di qualsiasi categoria è sul posto di lavoro, e si va a fare una pisciatina perché ha bevuto troppa acqua, comprata alla macchinetta della sala pausa, dovrebbe sapere che a evitare l'inevitabile uso di cateteri e pannolone, è stata l'azione sindacale. Che forse è grazie a questa che esiste, non la sala pausa, ma la pausa. E si potrebbero fare esempi per tante altre cose, che diamo per scontate (non il salario, che è basso, ma comunque garantito grazie ai CCNL) come il limite di ore massimo (8), la tutela dal licenziamento ingiustificato (Art 189 ecc, ecc...
Sono diritti di cui godono tutti e che una volta non c'erano. Diritti conquistati, a volte col sangue, e che oggi troppo facilmente si cerca di rimettere in discussione. Certi diritti poi, sembrano privilegi, è vero, ma solo agli occhi di chi non ne ha. E se esistono certe tipologie contrattuali non è per assecondare le dinamiche del mercato, è per di-vi-de-re la società in "settori", le nuove classi sociali. Non mi sembra giusto. I ricatti della Fiat fanno ridere tutti, tranne chi giustamente ha paura di perdere la sua unica fonte di sostentamento: il lavoro. Ma lo Stato, cioè noi, ha dato parecchi soldi alla Fiat e agli Agnelli. Sarebbe magari il caso di restituire qualcosa. Il mercato non è infallibile, altrimenti non si capisce perché si provi il terrore al pensiero che Alitalia fallisca (scusate il gioco di parole). Se affidiamo tutto al mercato poi non si può salvare un'azienda in rovina per preservare i posti (ma dei manager o dei lavoratori?). Se invece si vuole mediare c'è bisogno di un struttura che sappia recepire e incanalare le istanze. Ci sono i sindacati, migliorabili, ci sono i diritti definiti dalle leggi, migliorabili anch'esse, e poi c'è Forza Nuova. Che si fotta.
P. s. Ho sintetizzato molto il discorso storico, saltando passaggi importanti fra l'organizzazione del lavoro, l'uso della forza vapore e l'esodo in fabbrica, e poi ho chiosato coi nostri giorni, ma voglio mantenere il post asciutto. Me ne scuso.
P.s. 2 Non rileggo e incrocio le dita.

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