giovedì 12 maggio 2011

Il mio libro del mese

Il capolavoro di Bulgakov, "Il maestro e margherita", è un esempio sfavillante di letteratura per animi in fuga.
Tra pericolanti intellettuali, appartati in un mondo dorato e protetti dall'establishment, anzi patrocinati, e una Mosca più occidentale e borghese di Londra, un piccolo amore riscrive la storia del cristianesimo e dell'umanità, in chiave satanista. Ma non il satanismo che comunemente s'intende, o meglio anche quello, ma arricchito di una visione taoista.
Quando il maligno rimette sulla retta via, a suon di punizioni umilianti e brucianti, il peggio dell'intellighenzia, in quel preciso istante, i primi lettori del romanzo, pubblicato a oltre vent'anni dalla morte dello scrittore, probabilmente saltellarono divertiti sulle loro poltroncine, si accarezzarono i baffetti, compiaciuti, e chiusero gli occhi per immaginare le scene descritte in modo che apparissero di fronte a loro nitide e potenti, senza rendersi conto che arano loro stessi gli eredi diretti di quell'epoca, ed essendo i primi appunto a leggere, i diretti depositari della critica satirica e finissima.
L'immobilismo sovietico, deriso da un pupillo di Stalin, che mai ebbe il permesso di abbandonare l'Unione Sovietica, ne esce fuori distrutto, in due soli round: K.O. tecnico. Ma la Mosca del libro, come già detto, è una Mosca adagiata e benestante, fatta di professionisti, artisti e tirapiedi, arrampicatori e quant'altro. In due parole: la Mosca borghese, uguale a qualsiasi altra parte borghese di qualsiasi altra capitale europea.
Invito tutti a leggere questo romanzo per riscoprire nella vita di oggi, sui giornali e in televisione, gli stessi personaggi che Bulgakov descrisse oltre 40 anni fa. Non cambiano vizzi e vezzi, virtù e segreti, nella storia dell'uomo. Da Ponzio Pilato in poi, l'errore che macchia la coscienza perseguita chiunque, agevolato dagli strati di ipocrisia multipli che così facilmente oggi possono velare l'essenza dei soggetti mascherandone la vera e impudica natura. L'essere fatto di immagine pura, destinata a dissolversi col tempo o sotto i colpi dell'indagine. Chi conosce è avvantaggiato, ma non parla, perché anch'egli ha qualcosa di oscuro da nascondere. Le parole così potenti e vuote, rimbombano in sale enormi, svuotate di ogni ascoltatore, diventano lo strumento di autocompiacimento della persona, e perdono per sempre la loro funzione pedagogica e sociale.
La religione stessa, ridotta a mero strumento di misura fra bene e male, si riduce a un tappeto di superstizioni su cui appoggiare delicatamente i piedi, per restare eretti senza rompere nulla, in equilibrio precario.
E l'apostolo resta solo con i propri rimpianti, come qualsiasi uomo o donna: Impaurito.
é costretto a scendere a patti col male, ad ammettere la sua esistenza e la sua funzionalità in chiave dualistica, deponendo ogni contrapposizione ideologica.
Ed ecco infine, quella che potrebbe essere una sferzata politica, anche se non so in quale punto del romanzo sia subentrata la moglie di Bulgakov, per completarlo. Se fosse stata la moglie a scrivere quelle ultime pagine, il discorso fra Woland e Levi Matteo, in una Russia post- Stalin, il senso sarebbe comunque forte. Ma se a scriverle fu il russo, in quel caso, la critica al regime acquisirebbe un connotato spietato e forse perfino impietoso. Perché i progressi tecnologici, la propaganda, i palazzi e le lussuose residenze,i teatri e i negozi di dolciumi non servono, se piegate al gioco della burocrazia e della censura. I confini dell'Unione Sovietica, non servirono al regime comunista per proteggere i suoi cittadini, ma per impedir loro di uscire, conoscere il mondo e fare dei paragoni. E questo era chiaro a pochi.

1 commento: