giovedì 26 maggio 2011

La verità su Luigi Fallico

A Roma fa un caldo asfissiante fino alle 16, poi l'umidità sale al 95 per cento, viene giù il diluvio per venticinque minuti, infine smette, e tutto diventa appiccicoso. é difficile persino riflettere, stretti nella morsa del bollore. Più facile ovviamente è chiudere gli occhi, lasciarsi andare a letture stimolanti, rifugiarsi in un locale climatizzato e bere qualcosa di fresco e gasato. Poi, come uno schiaffo sul collo, mentre bevi, ti arriva addosso una gelida ventata di realtà. Un tuo amico è morto a 59 anni, di infarto. Ed è la vita, il balletto che s'interrompe, l'illusione che viene meno, di colpo. Noi crediamo di avere il controllo, non del mondo, ma per lo meno delle nostre azioni, e possiamo affermare con certezza, quello che ci toccherà per il domani prossimo. Possiamo avere un agenda della settimana, più o meno fitta, e seguirla scrupolosamente, ma se tutto è scritto, o nulla è scritto, non sembra importare, poiché siamo in balia di qualcosa che non conosciamo, e che indaghiamo da secoli. Speculazioni, filosofie, parole, lettere e pensieri. Terra e argilla, poi acqua e calce. La carne cade e si disfa, per tutti.
Ma la morte arriva ovunque, dotata di longa manus, nei letti degli ospedali, per strada, in una villa, in mare, in montagna, sotto la pioggia battente, o fra il fuoco che ustiona. A volte nel sonno e per chi resta questo ha un non so che di consolatorio.
Arriva anche in carcere. Ed è uguale? é la stessa morte? Che differenza c'è fra libertà e prigionia? Domande senza risposta certa.
Domande, sempre domande e mai risposte. Abbiamo delle doti: l'intelletto, la memoria, l'arguzia e la costanza. Usiamole sempre.
Luigi, da noi amici detto Gigi, non "corniciaio" che era il suo mestiere, né tantomeno gatto, era una buona persona, dotata di questi talenti, con un solo difetto: aveva una forte connotazione ideologica. Naturalistica delle idee politiche, potrebbe intitolarsi un libro di saggistica figlio di anni che ancora pesano e gravano con tutta la loro mole sull'adesso. In Italia c'è stato il fascismo, e negli anni di piombo, il terrorismo, rosso e nero. Poi c'è stato lo stragismo, a detta di molti, forse di tutti, di stato, tattico e cinico. Sta di fatto che oggi puoi essere fascista e politico, senza temere molto. Ma se sei di sinistra, e sbagli a parlare, sei fritto. Il comunista non può dire in un negozio le stesse cose che i camerati dicono a Casa Pound, o a via Livorno, perché se lo fa, diventa un terrorista, o peggio, uno pseudo terrorista, e questo qui da noi, è grave. é come essere gay in Iran, scusate il paragone.
I giornali hanno scritto di tutto. Cose comiche davvero. Ci si rende conto, leggendo, del dilettantismo della professione, che si vanta anche di avere un albo professionale. Intercettazioni mischiate a dichiarazioni, confusione fra un filone del processo e un altro, nomi sbagliati, date sovrapposte e prove che, mentre nella realtà ad oggi mancano, nella carta stampata diventano tante e fanno paura a chi legge. Arsenale (due pistole), esplosivo (mai specificata quantità e tipologia). La retorica dei giornali è squallida. Stop.
I documenti, la cosiddetta scaletta, è un foglio con delle annotazioni in punti. Chi ha letto i documenti BR (facilmente reperibili) sa cos'è un vademecum brigatista. L'accostamento è oltremodo sforzato, e ci sono mille modi per dimostrare che la carcerazione di Luigi Fallico era ingiusta e poteva aver luogo solo in Italia e solo con le tipologie politiche presenti in Italia. Il fantomatico garage con le armi non è stato mai trovato. La Digos lo ha cercato all'impazzata, con frenesia, interrogando amici che come me, con Gigi ci parlavano in virtù di un'amicizia e di una comunanza politica che non è reato né mistero. E non lo ha trovato. Però la parola arsenale è rimasta come se fosse stato trovato, indelebile e riproposta a ogni trafiletto, in cui alle poche novità del processo si accostava un riassuntino errato e superficiale della vicenda. Ma se l'arsenale già c'è, o meglio c'era, diciamo ci sarebbe, allora perché si cercava un ulteriore garage o locale adibito a deposito di armi (memorabile l'appello della Digos ai residenti di casal bruciato).
Se la cosiddetta scaletta doveva servire per dare dettati strategici sul piano della dottrina e del reclutamento, come si spiega che Gigi non ha mai, e dico mai, fatto dei discorsi in questo senso a me, studente universitario di lettere dichiaratamente appartenente a una certa sfera di idee? O alla mia ragazza? Perché con me parlava di quartieri e borgate, lavoro e welfare e non ha mai cercato di ammaliarmi o adescarmi, con discorsi intrisi di quella retorica che tutti conosciamo perché studiata e letta?
E ancora, la famosa frase: "Io questo stato lo voglio abbattere" oppure " o stai dentro o fuori all'arco" (citazione non letterale ma a memoria), cosa dimostrano? Immediatamente evidenziano una reale e tangibile delusione nei confronti dei ceti politici e dirigenziale di questo paese, roba da dover arrestare tutto il MoVimento 5 stelle domani all'alba, visto che è il loro cavallo di battaglia.
I discorsi da circolo politico, sono appunto da club. Parole che vengono dette, da tutti coloro che hanno dentro un passione per delle idee. Soprattutto da coloro che sono delusi dal prototipo politico emerso negli ultimi anni. Ma non si possono arrestare e ingabbiare delle passioni o delle parole. Si possono solo non condividere.
Non c'erano prove, quindi, ma si poteva fare l'arresto, in virtù dello spauracchio "terrorismo di sinistra". Ecco tutto.
E va bene. facciamo finta di accettarlo (ma non va bene). Gustiamoci i vari Fiore & Co. sputare veleno e succo di limone dalla bocca, che si moltiplica se la tagli come una testa di idra di lernia, su giovani con la testa rasata e la croce celtica sulla fibbia. Facciamo andare in tele persone disgustose come la Santanchè, e facciamola parlare a nome di tutti, in modo che l'intero mondo islamico pensi che tutti gli italiani siano cristiani fascisti, e in modo che un'ipotetica idea di futura società multiculturale e multirazziale, che viva in armonia, diventi definitivamente utopica. Accettiamo tutto questo, perché siamo saturi di indignazione, non possiamo più schifarci oltre. Ma dobbiamo accettare che un'autorità preposta alla vigilanza e alla custodia dei detenuti dica no a una richiesta di ricovero pervenuta dalla rappresentanza legale di Gigi, in seguito a diversi malori avuti dallo stesso? Io credo di no. Credo che la burocrazia legale e giudiziaria, carceraria ovvero sociale, che ha ucciso Gigi debba terminare di esistere. Naturalmente questa persona che ha detto "NO", non si sentirà mai responsabile di questa e delle altre morti della casa circondariale di Viterbo, né sarà mai perseguito legalmente per essa. Ma l'inconsapevolezza non salva dalla colpa e la giustizia non è solo giudiziaria o divina, per chi nel divino crede e per chi al divino si affida. La responsabilità umana e irremovibile, tracciante e inestinguibile, è su colui che al grido di aiuto di un essere umano in difficoltà fisica, si tappò le orecchie.
Negando il ricovero, lo uccise.
Immaginate di stare male e di non avere il diritto alle cure. ecco è questo il punto. Poi interverranno i fatalisti, quelli del "era destino". O ancora peggio i pessimisti disfattisti, coi loro "in ospedale muoiono i sani... figurati i malati". Ecco si, forse è così. Ma le cose vanno viste per come sono andate, non per come sarebbero potute andare se chi di dovere, avesse concesso un giusto ricovero per un periodo ragionevole di osservazione clinica.
Un'ultima osservazione, strettamente legata a quanto appena scritto: ma dove doveva andare Gigi, in caso di ricovero? Da Gaucci? I ricchi hanno i mezzi per fuggire, e alcuni perfino la sfacciataggine goliardica di apparire in qualche collegamento televisivo, e parlare a "sfregio". In barba alla legge, uguale fra eguali, e a noi. Le persone semplici e oneste, come Gigi, non scappano, stanno in petto alla vita e la affrontano a testa alta. Fino alla fine.

P.s. Il funerale di Gigi si terrà sabato 28 maggio in via Sandro Sandri 73 (quartiere Casalbruciato) a Roma.
P.s. 2. Per chi ha avuto la pazienza e la voglia di leggere: i commenti sono liberi, sbloccati(non c'è bisogno di registrarsi), e graditi. Potrebbe essere interessante sviluppare un dibattito su quanto è successo, in cui ognuno esprima i suoi pensieri e le sue convinzioni.

martedì 17 maggio 2011

A poi, tra parentesi...

Ieri la Moratti faceva leggermente pena (diciamo per metà, l'altra metà continuava a farmi, scusate, schifo). La sua immagine oscilla fra quella di un cane bastonato che cerca di tornare nel suo rifugio prima di prenderne ancora, ma si accorge di non potere fuggire perché dovrebbe rinunciare a degli ossi succulenti, e quella di un malato infetto da una patologia unica e virale, capace di propagarsi con lo sguardo (e che sguardo baby, con quell'occhio nero sul maxi-schermo di Lerner, formato palazzo). Mentre coraggiosamente, per difendere l'osso, faceva autocritica (in conferenza e per strada ripeteva le stesse uguali identiche parole, cambiando però la loro disposizione, come gli addendi in un'addizione), rendendosi conto che la sua campagna elettorale a base di calunnie e attacchi, non poteva che produrre un effetto "banana" sul voto (tu cammini e mangi banane lanciando la buccia per terra, poi devi ripassare sulla stessa strada, e ti ritrovi a scivolare sulle bucce), i suoi (ex?) sostenitori, nonché compagni di partito e di clubbino, se la passavano come la palla avvelenata (liberatene, liberatene, finché sei in tempo).
D'altronde che il PD sia un partitino non può essere cancellato dalle vittorie di Bologna e Torino (non so, forse per perdere sarebbe bastato impegnarsi di più). A Napoli al ballottaggio ci va De Magistris (cazzo no), che a mio avviso ha poche speranze di vincere. A Milano (Lavamilano), il PDL lavora già a ritmo pieno per associare Pisapia (che non è prima scelta PD) a qualcuno o qualcosa di più estremo di Curcio o le BR (Tipo il Conte Dracula, minchia). Ma. Bersani gongola. Ma.
Berlusconi è ancora imbattibile politicamente a livello nazionale, secondo me ( e secondo i sondaggi di Porta a Porta e Matrix). Il voto di ieri non è nulla (nel senso di cambiamenti epocali), il ballottaggio a Milano è cosa seria, specie se i moderati cascheranno nel tranello propagandistico di B. & Co.Esempi: su La7, nel corso di un intervista rilasciata al TG di Mentana (Mentina, e io che ho letto pure Passionaccia...), Il mitico Feltri già si adopera e sforna le più astute e banali cacate che possa tirare fuori dalla mutanda (e per mutanda intendo letteralemente mutanda, ce l'ha è invisibile, altrimenti si vedrebbe chiaramente nei primi piani che gli fanno di solito al culo parlante). Idem Belpietro.
Note positive: MoVimento 5 stelle al 10% a Bologna, per dirne una (giusto quella). Asse Lega-PDL che s'incrina (questo può pesare a livello nazionale, ma il Bossi è più furbo del suo elettorato, che comunque può sempre spostarsi altrove...) per dirne un'altra.
Ora rimangono le curiosità. Come saranno le due settimane di campagna elettorale di Lety (a proposito, grazie per i 43 esami universitari)? Cosa succede a Milano se Pisapia vince (segnale forte da parte dei Milanesi, tutti fuori dal feudo)? Berlusconi darà la colpa ai magistrati e ai giornali per la sconfitta subita (questa è retorica, perché già lo ha fatto il suo entourage)?
Ai posteri l'ardua sentenza...
Simpaticamente, ciao.

lunedì 16 maggio 2011

La Naqba

L'odioso abuso, al di là di ogni ragionevole o irragionevole diritto di guerra o statuto, accordo o programma, si è protratto nei decenni freddi della storia del Novecento, con non poca influenza sulla vita politica interna degli Stati Uniti. Ben due candidati democratici alle Casa Bianca non ebbero l'appoggio della comunità ebraica, perché lontani dalla causa sionista. Parlo di Al Gore e Kerry, sconfitti dal fondamentalismo di W. Bush.
I dieci anni che vanno dalla guerra dei sei giorni a quella del Kippur, sono cruciali nella formazione dello stato di occupazione e colonizzazione da parte di Israele, di territori non suoi, non acquisiti in nessun modo e nemmeno acquisibili dal punto di vista del diritto bellico,. Questa occupazione è ancora oggi in corso dal punto di vista logistico - amministrativo, illegittima e prepotente come ieri. Violenta e irregolare, inaccettabile sotto qualsiasi aspetto. Io stesso ho visto con i miei occhi, in un documentario -reportage girato a Gaza, i magazzini pieni di viveri e farmaci tenuti accuratamente chiusi e sigillati dalle autorità Israeliane. La causa palestinese va perorata con maggior convinzione, soprattutto con iniziative che partano dal basso, anche perché i media distorcono terribilmente la realtà e fanno disinformazione pericolosa e fuorviante. Anche un programma come anno zero, che si pone come una finestra giornalistica imparziale e attenta, al momento della messa in onda concede numerosi minuti al teatrino della politica, dimenticandosi di dare quelle spiegazioni essenziali per la formazione delle notizie.
Molti concetti che furono e rimarranno di stampo più che destrorso, sono stati col tempo metabolizzati, e oggi sono accettati in quanto costituiscono la prassi. La cacciata da Gerusalemme Est, la perdita di diritti politici, e altre piccole differenze fra gli abitanti dello stato "eletto", sono consuetudine, non fanno notizia, non suscitano scalpore né indignazione.
La violenza dei coloni fondamentalisti, che almeno teoricamente dovrebbero aver abbandonato le colonie dal 2005, rimane, perché è impunita da 40 anni, e non è iscritta al registro che annota i crimini storici di un popolo contro un altro popolo.
Naturalmente l'occidente non è mai intervenuto in modo serio sul problema, e quando si cercò di mediare, in modo timido e poco risolutivo, lo si fece sempre con un occhio puntato in casa propria, perché il voto ebreo. Le comunità di New York, Londra e Parigi, solo per citare capitali globali dal forte richiamo culturale, sono influenti, è questo è un dato oggettivo certo.
Dunque come bisognerebbe intervenire?
Innanzitutto credo sia logico affrontare una volta per tutte la discussione con un diverso approccio: non è una cosa lontana da noi, non è totalmente slegata dai fatti nostri e del nostro piccolo e sudicio cortile. In secondo luogo, pensiamo in termini storici. Scorriamo le diverse fasi della vicenda, passiamo per i quattro conflitti per arrivare all'ultimo spaventoso raid, e ricordiamoci che quello è un evento militare di cui hanno parlato i TG, mentre se scriviamo "ISRAELE BOMBARDA GAZA", su google e poi clicchiamo news, la notizia più recente è massimo di qualche mese fa. Perché le bombe fioccano, in tutti i periodi dell'anno, su cliniche, ospedali, abitazioni private ecc... Altro che il fottuto Gheddafi..Altro che Milosevic.... 1967 (è la data che scelgo io) 201: 45 anni. 45 anni di Nakba.

giovedì 12 maggio 2011

Il mio libro del mese

Il capolavoro di Bulgakov, "Il maestro e margherita", è un esempio sfavillante di letteratura per animi in fuga.
Tra pericolanti intellettuali, appartati in un mondo dorato e protetti dall'establishment, anzi patrocinati, e una Mosca più occidentale e borghese di Londra, un piccolo amore riscrive la storia del cristianesimo e dell'umanità, in chiave satanista. Ma non il satanismo che comunemente s'intende, o meglio anche quello, ma arricchito di una visione taoista.
Quando il maligno rimette sulla retta via, a suon di punizioni umilianti e brucianti, il peggio dell'intellighenzia, in quel preciso istante, i primi lettori del romanzo, pubblicato a oltre vent'anni dalla morte dello scrittore, probabilmente saltellarono divertiti sulle loro poltroncine, si accarezzarono i baffetti, compiaciuti, e chiusero gli occhi per immaginare le scene descritte in modo che apparissero di fronte a loro nitide e potenti, senza rendersi conto che arano loro stessi gli eredi diretti di quell'epoca, ed essendo i primi appunto a leggere, i diretti depositari della critica satirica e finissima.
L'immobilismo sovietico, deriso da un pupillo di Stalin, che mai ebbe il permesso di abbandonare l'Unione Sovietica, ne esce fuori distrutto, in due soli round: K.O. tecnico. Ma la Mosca del libro, come già detto, è una Mosca adagiata e benestante, fatta di professionisti, artisti e tirapiedi, arrampicatori e quant'altro. In due parole: la Mosca borghese, uguale a qualsiasi altra parte borghese di qualsiasi altra capitale europea.
Invito tutti a leggere questo romanzo per riscoprire nella vita di oggi, sui giornali e in televisione, gli stessi personaggi che Bulgakov descrisse oltre 40 anni fa. Non cambiano vizzi e vezzi, virtù e segreti, nella storia dell'uomo. Da Ponzio Pilato in poi, l'errore che macchia la coscienza perseguita chiunque, agevolato dagli strati di ipocrisia multipli che così facilmente oggi possono velare l'essenza dei soggetti mascherandone la vera e impudica natura. L'essere fatto di immagine pura, destinata a dissolversi col tempo o sotto i colpi dell'indagine. Chi conosce è avvantaggiato, ma non parla, perché anch'egli ha qualcosa di oscuro da nascondere. Le parole così potenti e vuote, rimbombano in sale enormi, svuotate di ogni ascoltatore, diventano lo strumento di autocompiacimento della persona, e perdono per sempre la loro funzione pedagogica e sociale.
La religione stessa, ridotta a mero strumento di misura fra bene e male, si riduce a un tappeto di superstizioni su cui appoggiare delicatamente i piedi, per restare eretti senza rompere nulla, in equilibrio precario.
E l'apostolo resta solo con i propri rimpianti, come qualsiasi uomo o donna: Impaurito.
é costretto a scendere a patti col male, ad ammettere la sua esistenza e la sua funzionalità in chiave dualistica, deponendo ogni contrapposizione ideologica.
Ed ecco infine, quella che potrebbe essere una sferzata politica, anche se non so in quale punto del romanzo sia subentrata la moglie di Bulgakov, per completarlo. Se fosse stata la moglie a scrivere quelle ultime pagine, il discorso fra Woland e Levi Matteo, in una Russia post- Stalin, il senso sarebbe comunque forte. Ma se a scriverle fu il russo, in quel caso, la critica al regime acquisirebbe un connotato spietato e forse perfino impietoso. Perché i progressi tecnologici, la propaganda, i palazzi e le lussuose residenze,i teatri e i negozi di dolciumi non servono, se piegate al gioco della burocrazia e della censura. I confini dell'Unione Sovietica, non servirono al regime comunista per proteggere i suoi cittadini, ma per impedir loro di uscire, conoscere il mondo e fare dei paragoni. E questo era chiaro a pochi.

lunedì 9 maggio 2011

Addio Umanità.

Mentre le carcasse del mare riversano in acqua carichi di carne fresca di fuggiaschi, servita con disperazione e condita di una speranza immotivata e ben presto disillusa, e mentre la Nato si tappa le orecchie come un bambino isterico che non vuole sentire le ragioni di un genitore severo (in questa metafora è la stampa, che anche se tardivamente, fa un po' del suo dovere), e mentre Berlusca va avanti e indietro da un palazzo all'altro, di governo il primo, di giustizia il secondo, io, e come me molti, sto seduto su una sedia girevole dell'Ikea a picchiettare con le dita su una tastiera.
Internet doveva portarci la libertà, ma il pericolo di eccessiva esposizione ai flussi di informazione era ben fondato nei primi critici di questa fantomatica comunità. D'altronde altre invenzioni hanno avuto lo stesso destino, nate per uno scopo, si sono rivelate una lama a quadruplo taglio, e sono state usate per scopi posti esattamente agli antipodi dell'originale. Quello che impressiona maggiormente è "l'attrito fra masse", che scoraggia l'impresa della lettura delle varie analisi proposte, poiché emette uno sgradevole rumore, un rumore repellente, che ci costringe a spegnere subito la coscienza e accendere la tele o lo stereo per coprire, buttando volume su volume. Questo attrito è puramente concettuale ed è originato dallo "struscio" fra l'assunto "consapevolezza-complicità" e l'assioma del "non possiamo farci niente se non indignarci", e questo è tutto dire...
Il mondo occidentale, falso e ipocrita, cerca di dare un'immagine di sé che colpisca. E colpisce. Nelle sue auto-rappresentazioni nazionalpopolari si patina di una fulgida aura che convinca tutti della sua saggezza. E convince. Sui suoi giornali denuncia i mali (minori), dandosi un tono di trasparenza che rassicuri. E rassicura. Ma non noi. Noi siamo imbevuti di inganno, gonfi di osmosi col non ci accorgiamo più di ciò che assimiliamo. Strilliamo per le consolari della città, soffocati da snob e traffico e la notte digrigniamo i molari per l'ansia. Scarichiamo tutto lo stress sui rapporti interpersonali e bruciamo amori e amicizie a un ritmo insano. E crediamo che questo sia normale? No, peggio. Crediamo che sia indice di normalità. Facciamo della nostra malattia il metro con cui misuriamo la salute del mondo.
Ma allora chi convinciamo? Chi assicuriamo? Chi colpiamo? Quando l'acqua del mare invade un polmone, un piccolo polmone, immagino quello che possa sentire la persona che di quel polmone è titolare. Mille aghi gelidi che trapassano la schiena, la gola si chiude e si infiamma, mentre il cervello preme sui lati della scatola cranica, cercando di fuggire via per qualsiasi orifizio, orecchie, narici... I muscoli tesi, s'indolenziscono, ma continuano a tirare in preda a spasmi. I tendini sembrano recidersi, ogni minimo intento del corpo è teso nel tentativo di incamerare aria ed espellere acqua. Poi per fortuna arriva la morte.
Per fortuna quando gli Italiani migrarono a milioni in America, lo fecero su navi vere. Magari in condizioni igieniche molto precarie e in stato d'indigenza economica, ma fuggivano dalla povertà, non dalla guerra o dalla persecuzione. Furono accolti, con diffidenza. Qualcuno fece fortuna, per sé e per il paese che lo aveva, bene o male, ospitato. E gli italiani che andarono a colonizzare l'Africa? Andavano a spaccarsi la schiena per nulla, e non lo sapevano. Andarono su navi pagate dallo stato, e andavano animati da una speranza di miglioramento "economico", prima che generale. Nemmeno loro, che in casa avevano il fascismo, scappavano da qualcosa. Scappavano i comunisti e gli anarchici, a morire, in Spagna ad esempio, per ideali politici ed ideologici. Altra storia.
Gli esuli o fuggiaschi, o migranti o poveracci di oggi sono carne. Carne per il mare, che li ingoia e li rigurgita, poiché lui non ha anima ma solo un moto, per i media, che costruiscono titoli ed elaborano impaginazioni, ma non hanno cuore, e per le divinità. Gli Dei odierni, i politici appunto, cui è concesso davvero tutto, anche di disporre delle vite affidate al mare, si comportano come adolescenti attorno a un tabellone del Risiko. Chi conta le navi, chi i carri armati e chi lancia i dadi. Perché si tratta di persone, e ci sono i flussi programmati, e i numeri massimi, e i parametri UE, e altre minchiate che valgono solo se a passare le frontiere sono persone. Se si tratta di soldi o merci, le frontiere sono aperte, lo scambio è libero e i confini non esistono.
Esistono gli interessi, ognuno faccia i propri, finché la marea non arriverà fin sotto la sedia...

Addio umanità.

mercoledì 4 maggio 2011

Il fascista e il sindacato

Venerdì sei maggio, dopodomani, avrà luogo lo sciopero generale, targato CGIL, che dovrebbe interessare tutti i lavoratori. Io ho aperto google e ho scritto "manifestazione CGIL", il primo risultato è stato questo
http://www.ilpiacenza.it/cronaca/sciopero-6-maggio-2011-cgil-corteo-piacenza.html
Ora credo sia opportuno spendere qualche parola in proposito. I diritti dei lavoratori sono di tutti i lavoratori. Ma per distinguere bisogna conoscere. La mia domanda non è cos'ha fatto la CGIL, ma più in generale, cos'hanno conquistato i sindacati nella loro quasi bisecolare storia?
Innanzitutto i sindacati nascono in quel particolare periodo che gli storici hanno battezzato "Rivoluzione industriale". Perché rivoluzione? Non è insito nel termine "rivoluzione" un alveare di allegorie, che una volta evocate portano nel loro ventre un germe di violenza, di cesura, di improvvisa sterzata?
Iniziamo col puntualizzare un'apparente banalità. Dopo migliaia di anni in cui l'uomo sopravviveva prevalentemente dei frutti della terra, e di un pò di commercio, milioni di uomini andavano via dalle campagne per entrare nelle fabbriche. Questo è il "cambiamento epocale primo", il punto d'origine del mondo nella veste in cui l'abbiamo conosciuto noi. Prima non esistevano i concetti che si sono creati e sedimentati nella coscienza umana occidentale nei due secoli successivi. La vita era scandita dai ritmi della natura. Si lavorava in campagna, come le bestie, e spesso si faceva la fame. Si moriva di varie malattie, non esisteva il tempo libero. La vita di fabbrica portò dei cambiamenti, alcuni negativi, altri negativi, ma nel corso dei decenni. Inizialmente si portò in fabbrica il peggio degli aspetti della vita in campagna e lo si unì a un posto di lavoro infernale. Ma quello spostamento, quel cambio di abitudini che sconvolse la societò creando le classi, bè.. è la rivoluzione baby. Diede un impulso alla storia del mondo, che da quel momento accelerò vertiginosamente, arrivando nel giro di cinquant'anni al fatidico punto di non ritorno. Quando si scatenò la seconda rivoluzione industriale, che coinvolse anche altri paesi oltre la Gran Bretagna, l'industrializzazione divenne un argomento globale, e ancora oggi non è un processo compiuto.
A questo punto voglio citare Goody, il più grande antropologo vivente, che riporta in un suo libro un aneddoto molto illuminante. Goody portò con sé in una fabbrica un capo di non so quale tribù aborigena, di quelle tribù che ancora oggi vivono al limite della nostra civiltà, il quale alla vista degli operai all'opera sui nastri della catena di montaggio chiese al suo cicerone: "sono schiavi?". Questa domanda da sola dimostra che il nostro modo di pensare e di intendere il mondo non è unico, e che altre culture, che noi spesso definiamo arretrate, non metabolizzano facilmente certe condizioni di vita o di lavoro, ne sono propense a un eventuale inserimento nelle maglie del capitalismo. Chiusa parentesi.
I sindacati nella loro storia sono stati combattuti e perseguitati. Nel loro periodo d'oro hanno conquistato una forte influenza nelle sfere di gestione del potere, inserendosi nella cosiddetta "zona grigia" della democrazia. Durante il ventennio fascista furono soppressi e sostituiti dalle corporazioni. Non so quanto la tradizione classico-romana abbia influito sulla scelta del nome.
Il punto a cui faticosamente sto arrivando è che certi diritti, se intesi come universali, non hanno colore politico, neanche etnico, figuriamoci ideologico (oggi che le ideologie sono defunte, sarebbe oltremodo anacronistico). Quando un lavoratore di qualsiasi categoria è sul posto di lavoro, e si va a fare una pisciatina perché ha bevuto troppa acqua, comprata alla macchinetta della sala pausa, dovrebbe sapere che a evitare l'inevitabile uso di cateteri e pannolone, è stata l'azione sindacale. Che forse è grazie a questa che esiste, non la sala pausa, ma la pausa. E si potrebbero fare esempi per tante altre cose, che diamo per scontate (non il salario, che è basso, ma comunque garantito grazie ai CCNL) come il limite di ore massimo (8), la tutela dal licenziamento ingiustificato (Art 189 ecc, ecc...
Sono diritti di cui godono tutti e che una volta non c'erano. Diritti conquistati, a volte col sangue, e che oggi troppo facilmente si cerca di rimettere in discussione. Certi diritti poi, sembrano privilegi, è vero, ma solo agli occhi di chi non ne ha. E se esistono certe tipologie contrattuali non è per assecondare le dinamiche del mercato, è per di-vi-de-re la società in "settori", le nuove classi sociali. Non mi sembra giusto. I ricatti della Fiat fanno ridere tutti, tranne chi giustamente ha paura di perdere la sua unica fonte di sostentamento: il lavoro. Ma lo Stato, cioè noi, ha dato parecchi soldi alla Fiat e agli Agnelli. Sarebbe magari il caso di restituire qualcosa. Il mercato non è infallibile, altrimenti non si capisce perché si provi il terrore al pensiero che Alitalia fallisca (scusate il gioco di parole). Se affidiamo tutto al mercato poi non si può salvare un'azienda in rovina per preservare i posti (ma dei manager o dei lavoratori?). Se invece si vuole mediare c'è bisogno di un struttura che sappia recepire e incanalare le istanze. Ci sono i sindacati, migliorabili, ci sono i diritti definiti dalle leggi, migliorabili anch'esse, e poi c'è Forza Nuova. Che si fotta.
P. s. Ho sintetizzato molto il discorso storico, saltando passaggi importanti fra l'organizzazione del lavoro, l'uso della forza vapore e l'esodo in fabbrica, e poi ho chiosato coi nostri giorni, ma voglio mantenere il post asciutto. Me ne scuso.
P.s. 2 Non rileggo e incrocio le dita.

lunedì 2 maggio 2011

Un motivo abbastanza pragmatico.

Gli americai. Gli Ameri- Cani, sono senza dubbio il popolo più strano del globo. Capaci di cose mirabolanti e allo stesso tempo aberranti. Ogni impero nella storia del mondo ha avuto un suo scopo, più o meno nobile. L'impero americano ne ha avuti mille e in fin dei conti non ne ha avuto nessuno. Gli americani invidiano la cultura francese, ma non quella italiana. Gli americani hanno uno stile di vita che li rende obesi, ma contemporaneamente sulle spiagge delle due coste sfilano i corpi più curati e ritoccati del mondo, corpi spregiudicati e lanciati all'inseguimento di una chimerica perfezione. Negli USA ci sono le università più prestigiose e care del mondo. Negli Stati Uniti pare che la Pepsi venda più della Coca Cola, ma non esiste il Chinotto.

Stanotte il presidente Obama, eletto dallo stesso popolo che elesse Clinton, per poi metterlo sotto impeachment, non per i disastri politici e militari ma perché reo di mancata confessione di adulterio, ha dichiarato, in un discorso ricco di retorica biblica come da tradizione, che Osama Bin Laden è stato ammazzato.
Il popolo, il popolino diremmo in Italia, è sceso a manifestare gaudio in strada, di fronte alla White House, a Ground Zero e in altri posti. Quello stesso popolo non sa, o finge di non sapere e non conoscere le centinaia di stragi e massacri perpetrati dagli stessi servizi americani, dalle agenzie governative o su mandato di presidenti come Bush senior, Reagan, Nixon e altri, nei decenni del novecento. Dal Nicaragua a Panama, dal Vietnam a Cuba, gli Stati Uniti hanno venduto armi a fazioni, per poi aizzarli contro i "nemici" che erano stati democraticamente eletti; hanno rovesciato napalm su bambini e donne; hanno raso al suolo città sotto le bombe dei caccia. Hanno portato "terrore", lo hanno diffuso, lo hanno seminato.
L'ondata di euforia popolare per l'uccisione di un terrorista (dilettante in confronto agli States), che ha comunque messo in ginocchio e in discussione un impero, è comprensibile, forse un pò meno giustificabile, comunque dal punto di vista dei sentimenti umani, prevale la comprensione. Non solo per i ricordo dei grattacieli in fiamme e delle persone, lanciatesi in volo dai piani alti in un disperato tentativo di fuga. Anche per tutto quello che c'è stato dopo. Il terrore, quello vero, è stato scatenato dopo, dai media, dalla Fox in particolare e dal governo.
Quando Bush venne rieletto, quella parte del mondo che credeva che la seconda guerra in Iraq non avesse uno straccio di giustificazione, si rese conto che era la maggior parte degli americani a volerla, e non solo un presidente con dei consiglieri leggermente maliziosi. Ma bisogna sottolineare che quel popolo era stato terrorizzato per quattro anni dai telegiornali.
La cattivissima abitudine di credere a tutto ciò che sentiamo in Tv porta anche a questo. I dati in proposito sono di una nettezza che non lascia adito a dubbi. Quando si scatenò la campagna anti-rumeni, il Governo Prodi emanò un pacchetto sicurezza, come se fossimo in guerra e come se i saturi codici italiani, non fossero già zeppi di norme e leggi che garantiscono la totale sicurezza di tutti, in teoria. Poi se la realtà è diversa è per altri motivi. Ad esempio, se si costruisce un quartiere enorme, a 20 Km da tutto ciò che è civiltà, per compiacere dei palazzinari, e non lo si dota né di un servizio di trasporto adeguato né di altri servizi base, cosa si è creato? Un ghetto, semplice.
Se le autorità sono delegittimate in parte, non è solo per la carenza di mezzi e risorse, ma soprattutto per abusi rimasti impuniti. Penso alla Diaz, a Cucchi e ad altri casi di cui nonostante si sia parlato moltissimo, si è riuscito a fare giustizia nella misura più ridicola possibile. E mi domando: in quei casi di cui nessuno sa, di cui nessuno parla,
come va a finire?
Non esiste risposta, o meglio la risposta si sa ed è inutile scriverla.

C' era quella bella canzone che faceva:
Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo.
Osama è vivo, gli Stati Uniti hanno creato un martire, e il popolo non dovrebbe festeggiare, almeno per questo motivo. E mi sembra un motivo abbastanza pragmatico.

domenica 1 maggio 2011

Beato

Il papa polacco è Beato, venerazione locale concessa. Ma il papa polacco è il papa internazionale per eccellenza. Coraggio ammettiamolo, anche noi ci siamo commossi a ripercorrere attraverso le immagini e le musiche degli speciali delle varie testate, l'incredibile vita di Karol. Un papa operaio per quattro anni, che dedicò diverse encicliche al tema del lavoro. In rotta col capitalismo, anticipò di almeno un decennio le problematiche della finanza sganciata dall'economia reale. In rotta col marxismo, inevitabilmente diffidente nei confronti del comunismo russo e dei suoi pallidi modelli occidentali, si scontrò personalmente per la libertà sindacale nel suo paese, appoggiando Solidanosc. Un grande papa, con molte luci e poche ombre.
Quando penso a Giovanni Paolo II mi viene in mente lo scandalo IOR, ma non subito. Prima nella memoria affiorano le gesta di umiltà, i mea culpa a nome della Chiesa Cattolica. Il papa di tutti, nel vero senso della parola, è anche il primo papa che la mia generazione conobbe dai Tg e non dai libri, o dai ricordi di nonni e genitori.
Lo splendido documentario di Enzo Romeo (per chi non lo sapesse è sidernese), andato in onda ieri sera su Rai 2, ha messo in luce due punti (fra loro connessi)
Il primo è che la Romana Chiesa può, anzi deve, occuparsi del sociale. Stare in mezzo alla gente, nelle fabbriche e nelle assemblee è compito dei sacerdoti quanto dei politici. Oltre la morale sessuale e la fede, che comunque a mio avviso rimarrà una questione personale nell'era dell'individuo, l'azione mediatrice e pedagogica di un buon clero nel sociale è l'unica via possibile a un'onesta evangelizzazione. A questo proposito l'Arcivescovo Bregantini esorta i nuovi seminaristi a lasciare stare alcune distrazioni e a tornare in strada, per così dire.
Il secondo punto è politico, e non so se mi piace o meno. La Chiesa, giusto o sbagliato che sia, può ancora stare nell'arena politica, anche se in posizione meno esposta al passato (recente). Ma se lo fa nelle modalità opportune, coi toni opportuni e con le persone adatte, può trarne benefici ancora maggiori che in passato. E se il punto uno viene rispettato, a godere di questi benefici saranno tutti.
Oggi, anche se ancora per poco, è il 1 Maggio, da Chicago alla seconda internazionale comunista questa data è pregna di significati per chi è di sinistra, ma sa guardare il mondo attraverso lenti di diverse gradazioni. Inoltre, non tutte le persone di sinistra, o gli elettori di sinistra, sono lavoratori, anzi la percentuale diminuisce sempre più velocemente.
Dunque che il Primo Maggio sia di tutti: comunisti, non comunisti, lavoratori, studenti, cattolici, atei, agnostici, militari, poliziotti, fricchettoni, cuoche, massaie, baristi, cubiste, veline, ecc...
Di tutti, come Giovanni Paolo II.

Citazione necessaria: Perché tanto odio? (Edika)